Responsabilità precontrattuale: la guida completa
La responsabilità precontrattuale o culpa in contrahendo rappresenta una forma di responsabilità derivante dal mancato rispetto degli obblighi gravanti sulle parti durante le trattative e la formazione del contratto.
La violazione dei suddetti obblighi può portare a diverse conseguenze: la mancata conclusione del contratto (in caso di recesso ingiustificato dalle trattative), la conclusione di un contratto invalido o inefficace, infine, la stipulazione di un contratto valido, efficace, ma non conveniente.
Nelle presente disamina ricordiamo le diverse fattispecie, le conseguenze derivanti dall’illecito precontrattuale, la sua natura e il danno risarcibile.
1. Che cos’è la responsabilità precontrattuale?
La responsabilità precontrattuale tutela l’interesse della parte a:
- non essere coinvolta in trattative inutili,
- non concludere contratti invalidi o inefficaci,
- non subire inganni durante la negoziazione.
La responsabilità precontrattuale rappresenta la responsabilità per la lesione della libertà negoziale (C. M. BIANCA, Diritto Civile. Il contratto, 3, Milano, Giuffrè, 2000, 155 ss.). Per indicarla, si parla anche di responsabilità per culpa in contrahendo.
Come vedremo, le norme che disciplinano tale forma di responsabilità (artt. 1337 e 1338 c.c.) prescrivono un preciso obbligo di comportamento: le parti devono comportarsi secondo buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto. Torneremo sul suddetto obbligo nei paragrafi successivi.
Facciamo un esempio per comprendere quando ricorra tale forma di responsabilità.
Un soggetto manifesta l’intenzione di acquistare un appartamento, raggiunge un accordo di massima su tutti i punti salienti della compravendita, lascia che il venditore prenda l’appuntamento dal notaio e, senza motivo, all’ultimo momento si tira indietro. Ebbene, tale condotta rappresenta l’esempio tipico della responsabilità precontrattuale. Infatti, il venditore ha fatto affidamento sulla conclusione del contratto e ha sostenuto delle spese (per le planimetrie del geometra, per la consulenza richiesta all’avvocato, per i viaggi effettuati visto che l’appartamento si trova in un’altra regione e via discorrendo). Egli non avrebbe effettuato i suddetti esborsi se non avesse confidato nella compravendita. Inoltre, ha rifiutato un’altra offerta, in quanto ormai era certo della conclusione dell’affare. Nei paragrafi seguenti, vedremo che tutti i pregiudizi patiti dal “venditore mancato” meritano di essere ristorati, giacché il comportamento dell’altra parte ha violato il dovere di correttezza.
2. Qual è l’interesse tutelato
La responsabilità precontrattuale tutela la libertà negoziale, infatti, sanziona la lesione di tale libertà. L’interesse tutelato non è quello all’adempimento (presidiato dalla responsabilità contrattuale) ma l’interesse alla libertà negoziale. Non a caso, tutte le ipotesi di responsabilità precontrattuale prevedono una lesione dell’interesse alla libera esplicazione dell’autonomia negoziale (C. M. BIANCA, Diritto Civile. Il contratto, cit. 157). Ciascuna parte ha interesse alla lealtà e serietà della trattativa, infatti, la buona fede richiamata dall’art. 1337 c.c. va intesa come correttezza (amplius infra).
3. La normativa di riferimento
La disciplina relativa alla responsabilità precontrattuale è contenuta segnatamente in due norme: l’art. 1337 e l’art. 1338 c.c.
- L’art. 1337 c.c., rubricato “Trattative e responsabilità precontrattuale”, dispone che: “Le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”.
- L’art. 1338 c.c., rubricato “Conoscenza delle cause di invalidità”, prevede che: “La parte che, conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa di invalidità del contratto, non ne ha dato notizia all'altra parte è tenuta a risarcire il danno da questa risentito per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto.
La prima norma rappresenta il fulcro della responsabilità precontrattuale, ossia contiene l’enunciazione del principio della responsabilità. Sulla portata della seconda disposizione si registrano diversi orientamenti. Un indirizzo ritiene che l’art. 1338 c.c. rappresenti una specificazione dell’art. 1337 c.c.; una diversa corrente di pensiero ritiene che l’art. 1338 c.c. abbia una natura più ampia, infatti, non attiene unicamente all’aver taciuto una causa di invalidità del negozio, ma comprende anche le fattispecie in cui il soggetto agente abbia contribuito direttamente a cagionare la causa d’invalidità (V. ROPPO, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di Iudica – Zatti, Milano, Giuffrè, 2001, 182). Infine, l’art. 1338 c.c. tutela l’affidamento di una delle parti non già sulla conclusione del contratto ma sulla sua validità.
4. Cosa sono le trattative?
Le trattative riguardano la fase antecedente alla conclusione di qualsiasi negozio, hanno natura preparatoria e strumentale, giacché sono finalizzate alla stipulazione dell’accordo. Tramite esse le parti verificano la possibilità di trovare un’intesa. Qualora il contratto non venga concluso, perdono rilievo, poiché non sono vincolanti. Nel nostro ordinamento, non esiste un obbligo di contrarre, infatti, la disciplina generale in materia di proposta e accettazione ammette la possibilità di revoca (fatte salve le ipotesi di irrevocabilità). L’obbligo a contrarre sussiste nell’ipotesi del contratto preliminare e la mancata stipula del definitivo comporta una responsabilità per inadempimento (non già precontrattuale).
Allora, da cosa dipende la responsabilità precontrattuale?
Come vedremo meglio nei paragrafi successivi, l’illecito precontrattuale si verifica allorché il soggetto abbia indotto l’altra parte a fare affidamento sulla conclusione del contratto.
5. Preliminare e mancata stipula del definitivo: non è responsabilità precontrattuale
Prima di soffermarci sulla natura della responsabilità precontrattuale, giova chiarire che la responsabilità scaturente dall’inadempimento del contratto preliminare ha natura contrattuale (art. 1218 c.c.) e non precontrattuale (art. 1337 c.c.).
Il prefisso “pre” non deve indurre in errore o creare confusione.
Il contratto preliminare è quello con cui le parti si obbligano a concludere un ulteriore contratto detto definitivo. Ad esempio, per la compravendita di un immobile le parti stipulano il cosiddetto “compromesso” (ossia il contratto preliminare) con cui si impegnano a concludere la vendita (vale a dire il contratto definitivo).
Il preliminare è già di per sé un contratto, pertanto, l’inadempimento comporta una responsabilità contrattuale. Infatti, secondo la giurisprudenza, «una volta che le parti abbiano inteso stipulare un contratto preliminare, l'unica azione a disposizione del promittente venditore, in caso di mancata conclusione definitiva dell'alienazione, dovrebbe essere quella per responsabilità contrattuale da inadempimento di un'obbligazione specifica sorta nella fase precontrattuale, senza che possa più farsi luogo, in via alternativa, all'esperimento di altra azione per responsabilità precontrattuale, riconducibile alla supposta malafede della parte promissaria acquirente durante le trattative, visto che la cristallizzazione delle reciproche prestazioni, operata mediante la stipula del preliminare, comporta la perdita di ogni autonomia e di ogni giuridica rilevanza di dette trattative, convergendo queste nella nuova struttura contrattuale che, pertanto, viene a costituire la sola fonte di responsabilità risarcitoria» (Cass. 7545/2016).
6. La natura della responsabilità precontrattuale
La responsabilità per culpa in contrahendo viene qualificata dalla giurisprudenza come una forma di responsabilità aquiliana che si collega alla violazione della regola di condotta preposta al corretto svolgimento della formazione del contratto (Cass. S.U. 9645/2001; Cass. 9157/1995). In altre parole, si tratta della violazione del generale principio del neminem laedere posto a fondamento dell’art. 2043 c.c.
Tuttavia, si registrano degli arresti giurisprudenziali che si allineano alle opinioni dottrinali secondo cui tale responsabilità rientrerebbe nella responsabilità contrattuale. Si parla, a tal proposito di responsabilità da contatto sociale qualificato, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni (art. 1173 c.c.) dal quale derivano reciprochi obblighi di buona fede, protezione e informazione, ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c. (Cass. 25644/2017; Cass. 14188/2016; Cass. 27648/2011). Secondo la giurisprudenza più recente, «la responsabilità per il danno cagionato da una parte all'altra, in quanto ha la sua derivazione nella violazione di specifici obblighi (buona fede, protezione, informazione) precedenti quelli che deriveranno dal contratto, se ed allorquando verrà concluso, e non del generico dovere del neminem laedere, non può che essere qualificata come responsabilità contrattuale» (Cass. 14188/2016).
Infine, esiste un indirizzo, ormai recessivo, secondo cui la culpa in contrahendo costituirebbe un tertium genus di responsabilità, né contrattuale né extracontrattuale.
Naturalmente, le conseguenze dell’inquadramento in una o nell’altra forma di responsabilità sono varie a partire dal termine prescrizionale entro cui è possibile esperire l’azione: 5 anni in caso di responsabilità aquiliana e 10 anni nell’ipotesi di responsabilità per inadempimento. Inoltre, il soggetto incapace di intendere e volere al momento del compimento dell’atto dannoso va esente da responsabilità aquiliana (art. 2046 c.c.), mentre l’incapacità non rappresenta causa di esclusione della responsabilità contrattuale.
Nella tabella sottostante vengono elencate le differenze più significative tra le due forme di responsabilità.
La natura della responsabilità precontrattuale |
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Responsabilità extracontrattuale |
Responsabilità contrattuale |
Cass. S.U. 9645/2001 Cass. 9157/1995 |
Cass. 27648/2011 |
Le principali differenze di disciplina tra responsabilità aquiliana e contrattuale |
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Prescrizione 5 anni (art. 2947 c.c.) |
Prescrizione 10 anni (art. 2946 c.c.) |
Presuppone la capacità di intendere e volere (art. 2046 c.c.) |
Non presuppone la capacità di intendere e volere |
Risarcibili sia i danni prevedibili che imprevedibili (non si applica l’art. 1225 c.c.) |
Risarcibile solo il danno prevedibile (art. 1225 c.c.) |
Onere della prova (art. 2043 c.c.) Il danneggiato deve provare:
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Onere della prova (art. 1218 c.c.) Il creditore danneggiato deve provare:
Il debitore deve dimostrare di aver adempiuto correttamente o che l’inadempimento sia dipeso da causa a lui non imputabile |
7. I presupposti
Nei paragrafi successivi verranno analizzate le varie ipotesi di illecito precontrattuale e i presupposti per l’insorgere della relativa responsabilità.
Di seguito, un breve schema riassuntivo.
Ipotesi di responsabilità precontrattuale |
Presupposti |
Violazione degli obblighi di buona fede |
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Rottura ingiustificata delle trattative |
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Stipulazione di contratto invalido o inefficace |
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Stipulazione di un contratto non conveniente |
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8. Le varie ipotesi di responsabilità precontrattuale
La responsabilità precontrattuale è ravvisabile in specifiche ipotesi che possono così riassumersi:
- violazione dei doveri di buona fede nelle trattative e nella formazione del contratto,
- recesso ingiustificato dalle trattative,
- stipulazione di contratto invalido o inefficace,
- stipulazione di un contratto non conveniente.
9. La violazione dei doveri di buona fede
La prima ipotesi di illecito precontrattuale riguarda la violazione dell’obbligo di buona fede. Per comprenderne il significato, analizziamo di seguito la portata applicativa del concetto di buona fede e dei suoi corollari
a. Gli obblighi di buona fede
L’art. 1337 c.c. impone il rispetto dell’obbligo di buona fede.
Cos’è la buona fede?
La buona fede è un canone di condotta che, nel Codice civile, può essere inteso in senso soggettivo o oggettivo:
- la buona fede soggettiva è l’ignoranza incolpevole di ledere una situazione giuridica altrui (ad esempio, in materia di possesso art. 1147 c.c.);
- la buona fede oggettiva coincide con la correttezza (art. 1175 c.c.).
Il fatto che il soggetto agente versi in uno stato di buona fede soggettiva non esclude che possa ravvisarsi la violazione dell’obbligo di buona fede oggettiva, ad esempio, perché il soggetto ha agito con negligenza o superficialità (V. ROPPO, Il contratto, in Trattato di diritto privato, a cura di Iudica – Zatti, Milano, Giuffrè, 2001, 176).
La buona fede in senso oggettivo ricorre nella disciplina del contratto e delle obbligazioni (art. 1175 c.c.), le parti devono rispettarla nella fase di formazione del contratto (art. 1337 c.c.), durante la pendenza della condizione (art. 1358 c.c.), nell’interpretazione (art. 1366 c.c.) e nell’esecuzione (art. 1376 c.c.).
Il concetto di buona fede oggettiva si articola negli obblighi di:
- lealtà,
- salvaguardia.
Nel rapporto contrattuale o nel rapporto obbligatorio ciascuna parte ha l’obbligo di salvaguardare l’utilità della controparte nei limiti in cui ciò non determini un apprezzabile sacrificio. Infatti, l’obbligo di buona fede in senso oggettivo rientra nel principio di solidarietà (C. M. BIANCA, Diritto Civile. L’obbligazione, 4, Milano, Giuffrè, 1993, 86 ss.).
Tutto ciò premesso, come deve essere un comportamento improntato a buona fede?
Semplicemente la parte, durante le trattative, deve evitare condotte che intenzionalmente o consapevolmente arrechino un danno all’altro contraente. Ad esempio, è contrario a buona fede il comportamento di chi avvii una lunga trattativa senza la volontà di portarla a compimento. Parimenti, è scorretta la condotta di chi intraprenda una negoziazione rendendosi conto solo alla fine di non avere la disponibilità economica per la stipulazione e, quindi, si tira indietro. Da quanto detto emerge che una componente della buona fede è anche la diligenza, pertanto, violano il dovere di correttezza anche comportamenti connotati da incompetenza o superficialità (V. ROPPO, Il contratto, cit.).
Gli obblighi precontrattuali discendenti dal rispetto della bona fides sono:
- l’obbligo di informazione,
- l’obbligo di verità,
- l’obbligo di chiarezza,
- l’obbligo di segreto.
Li analizziamo nel paragrafo seguente.
b. Gli obblighi di comunicazione o informazione
L’obbligo di buona fede postula il dovere di informare la controparte sulle circostanze rilevanti relative all’affare. Un comportamento contrario a tale obbligo è considerato reticente.
Si badi, l’obbligo di informazione non riguarda la convenienza del contratto poiché questo inerisce alla negoziazione. L’obbligo in parola riguarda la necessità di comunicare:
- le cause di invalidità,
- le cause di inefficacia,
- la mera inutilità del contratto.
Circa l’inutilità della prestazione, si pensi al contratto con cui si noleggia un furgone per trasportare della merce che il noleggiatore sa non potersi trasportare (C. M. BIANCA, Diritto Civile. Il contratto, cit., 165). Oppure, si ponga mente alla condotta del negoziante che vende al cliente un forno pur sapendo che, mezz’ora prima, la moglie di questi ne aveva già acquistato uno.
Il dovere di informazione è più stringente nel caso in cui una delle parti sia un operatore professionale, si pensi all’operatore bancario o all’intermediario finanziario.
c. Gli obblighi di chiarezza, di verità e di segreto
La parte deve esprimersi in modo perspicuo per poter essere compresa dalla controparte (obbligo di chiarezza). L’obbligo di buona fede postula che i contraenti non comunichino le notizie riservate di cui abbiano ricevuto notizia durante le trattative (obbligo di segreto). Alcuni autori escludono che la violazione dell’obbligo di segreto comporti una responsabilità precontrattuale, salvo il caso in cui il segreto costituisca oggetto di una specifica obbligazione assunta dalla parte (ROPPO, cit.). Abbiamo visto che esiste l’obbligo di informare, ebbene, esiste anche l’obbligo di informare secondo verità (obbligo di verità), la sua violazione comporta alla responsabilità per false informazioni. Tale forma di responsabilità è ravvisabile soprattutto nei casi in cui il soggetto sia tenuto per legge a fornire determinate informazioni, si pensi agli intermediari finanziari e alla cosiddetta responsabilità da prospetto (V. ROPPO, Il contratto, cit., 179).
10. Il recesso ingiustificato dalle trattative
Una delle ipotesi più ricorrenti di responsabilità precontrattuale consiste nella rottura ingiustificata delle trattative.
Cosa significa?
Un contraente conduce le trattative sino a portare l’altra parte alla convinzione che il contratto verrà concluso e, successivamente, abbandona la negoziazione senza un valido motivo. In tal modo, lede l’affidamento che l’altro contraente si è formato circa la stipulazione dell’affare.
Preme fare un chiarimento.
Nel nostro ordinamento non esiste un obbligo di contrarre, infatti, la disciplina generale in materia di proposta e accettazione ammette la possibilità di revoca (fatte salve le ipotesi di irrevocabilità). L’obbligo a contrarre sussiste nell’ipotesi del contratto preliminare e la mancata stipula del definitivo comporta una responsabilità per inadempimento (non già precontrattuale). Pertanto, la rottura delle trattative, di per sé, non costituisce un illecito, in quanto rappresenta espressione della libertà contrattuale.
Allora, se le parti restano libere di decidere se concludere o meno un contratto, quanto scatta la responsabilità precontrattuale?
L’illecito precontrattuale si verifica allorché il soggetto abbia indotto l’altra parte a fare affidamento sulla conclusione del contratto.
Come si valuta l’affidamento della controparte?
La valutazione va fatta caso per caso, analizzando le circostanze della singola fattispecie. Ad esempio, può parlarsi di affidamento ragionevole, quando è stato raggiunto l’accordo su tutti i punti essenziali e devono definirsi solo le formalità.
Riassumendo, la rottura delle trattative è causa di illecito precontrattuale:
- quando la condotta del soggetto agente abbia generato un ragionevole affidamento nella controparte,
- allorché il recesso dalle trattative sia ingiustificato.
L’accertamento di tutti i sopraelencati elementi è rimesso al giudice di merito e non è censurabile in sede di legittimità se adeguatamente motivato (Cass. 7545/2016).
11. La stipulazione di contratto invalido o inefficace
Un’altra ipotesi di illecito precontrattuale è quella della dolosa o colposa conclusione di un contatto invalido o inefficace, ossia di un contratto inutile.
Mentre nel recesso ingiustificato dalle trattative, il contratto non viene concluso, in questo caso il contratto è stipulato, ma si tratta di un contratto inutile. Tale è l’ipotesi menzionata dall’art. 1338 c.c., in cui è previsto il risarcimento per la parte che abbia confidato, senza colpa, nella validità del contratto.
Il contratto invalido è il contratto nullo o annullabile.
Il contratto inefficace è quello che, pur essendo valido, non dispiega effetti, ad esempio, a causa della mancanza di un’autorizzazione amministrativa.
In tale circostanza, il soggetto agente risponde per i danni patiti dalla controparte per aver confidato, senza colpa, nell’efficacia del contratto. L’inefficacia rilevante ai fini dell’illecito precontrattuale non costituisce inadempimento (diversamente si risponderebbe per responsabilità contrattuale). Ad esempio, è inefficace il contratto concluso dal falso rappresentante (amplius infra).
La parte deve attivarsi per creare le condizioni di efficacia del contratto, ad esempio, nel caso di compravendita di un immobile di cui è titolare un minore è necessario procedere per chiedere previamente l’autorizzazione del giudice tutelare.
Al fine di ottenere il risarcimento è necessario che la parte confidi senza sua colpa nella validità del negozio (art. 1338 c.c.). Il suddetto presupposto è coerente con i principi generali in ambito risarcitorio, infatti, il danno che una parte avrebbe potuto evitare con l’ordinaria diligenza non può imputarsi all’altra.
Contratto concluso dal falso rappresentante
L’art. 1398 c.c. si occupa della rappresentanza senza poteri e stabilisce che chi ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli sia responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto. Si tratta di un’ipotesi di responsabilità precontrattuale. Infatti, la responsabilità deriva dalla scorrettezza commessa dal falsus procurator nelle trattative e nell’aver indotto il terzo contraente alla conclusione di un contratto inefficace. Come vedremo nei paragrafi successivi, viene leso l’interesse della vittima (interesse negativo) a non cadere nell’erroneo affidamento sull’efficacia di un contratto poi rivelatosi inefficace. Ai fini della responsabilità, è necessario che il terzo abbia confidato senza colpa nella validità del contratto. Ad esempio, è colposa la condotta del contrante che concluda il contratto con il falso rappresentante senza chiedergli di esibire la procura. Viceversa, nel caso in cui il contraente abbia visionato il documento di conferimento del potere di rappresentanza e la sottoscrizione risulti contraffatta, non è ravvisabile colpa ed egli ha diritto ad essere risarcito.
Nel caso in cui l’atto del falso rappresentante ottenga la ratifica, non è ravvisabile alcuna responsabilità, giacché il contratto diviene efficace.
12. La stipulazione di un contratto non conveniente
L’ultima ipotesi di responsabilità precontrattuale riguarda il caso in cui il contratto concluso tra le parti sia valido ed efficace ma pregiudizievole.
Infatti, «la regola posta dall'art. 1337 c.c. non si riferisce alla sola ipotesi della rottura ingiustificata delle trattative ma ha valore di clausola generale, il cui contenuto non può essere predeterminato in modo preciso ed implica il dovere di trattare in modo leale, astenendosi da comportamenti maliziosi o reticenti e fornendo alla controparte ogni dato rilevante, conosciuto o conoscibile con l'ordinaria diligenza, ai fini della stipulazione del contratto» (Cass. 5762/2016). Pertanto, è ravvisabile un illecito precontrattuale anche nel caso in cui il contratto concluso sia valido ma risulti pregiudizievole per la parte vittima dell'altrui comportamento scorretto (Cass. 24795/2008). La circostanza che il contratto sia stato validamente concluso non esclude aprioristicamente la culpa in contrahendo, qualora si accerti che le omesse informazioni, nel corso della trattativa, se conosciute, avrebbero indotto ad una diversa conformazione del contenuto del contratto, sulla base di un giudizio probabilistico (Cass. 5762/2016).
Il dolo incidente
Il dolo incidente si verifica allorché i raggiri posti in essere dal soggetto agente non siano stati tali da determinare il consenso (altrimenti il contratto sarebbe annullabile) ma, in assenza di essi, la vittima avrebbe concluso l’affare a condizioni diverse (art. 1440 c.c.). Il dolo incidente si differenzia dal “dolo vizio” (art. 1439 c.c.) in quanto il contratto è valido e il raggiro incide unicamente sull’assetto negoziale. Il contraente in mala fede è responsabile dei danni provocati dalla sua condotta illecita e vanno calcolati in base al minor vantaggio o al maggior aggravio economico prodotto dal comportamento contrario a buona fede (Cass. 5273/2007).
Riassumendo:
- il dolo determinante rende il contratto annullabile,
- il dolo incidente lo lascia valido.
Un caso analizzato dalla giurisprudenza di merito riguarda la compravendita di un’auto con il contachilometri “contraffatto”, ossia la numerazione risultante non rispondeva a quella effettiva. L’alterazione del contachilometri rappresenta una violazione dei principi di correttezza e buona fede. Se tale condotta non ha inciso sul consenso dell’acquirente ma lo ha indotto a stipulare il contratto a condizioni più gravose, egli ha diritto al risarcimento. Il danno risarcibile consiste nel «maggior prezzo corrisposto rispetto alle valutazioni di mercato dell’usato per un veicolo con le stesse caratteristiche di quello venduto ma con chilometraggio superiore» (Trib. Perugia 859/2012)
13. La responsabilità precontrattuale: il danno da risarcire
La peculiarità di questa forma di responsabilità emerge nella determinazione del danno risarcibile. Infatti, si suole dire che, per la culpa in contrahendo, sia risarcibile solo l’interesse negativo.
Vediamo cosa significa.
Nel caso di un inadempimento, viene leso l’interesse positivo all’esecuzione della prestazione, pertanto, il risarcimento si commisura al danno patito dal contraente per non aver ricevuto la prestazione a cui aveva diritto. Ad esempio, il danno patito dall’acquirente per non aver ottenuto il bene che ha acquistato, comprende il danno emergente (perdita subita) e il lucro cessante (mancato guadagno).
Viceversa, la mancata osservanza dei doveri imposti durante le trattative, non comporta la lesione del diritto ad ottenere la prestazione, in quanto il contratto non si è perfezionato e la parte non è titolare di un diritto alla prestazione. Al contrario, la parte ha diritto al risarcimento dell’interesse negativo, ossia dell’interesse consistente nel non dare corso a trattative inutili che abbiano comportato delle spese (A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, Giuffrè, 2013, 502 ss.). In altre parole, viene leso l’interesse del soggetto a non essere leso nell’esercizio della sua libertà negoziale: id quod interest contractum initum non fuisse.
Il fatto che sia risarcibile solo l’interesse negativo non significa che venga risarcito unicamente il danno emergente (perdita subita), in quanto anche il lucro cessante (mancato guadagno) può rappresentare una posta risarcibile. Per un approfondimento, si rimanda al paragrafo successivo.
Riassumendo, il risarcimento riguarda:
- il pregiudizio patrimoniale patito dalla parte e consistente negli esborsi sostenuti per la negoziazione non andata a buon fine; ad esempio, le spese per l’assistenza di un legale o per la redazione di un progetto edilizio o per i viaggi effettuati per i sopralluoghi e così via (danno emergente);
- il danno da perdita delle occasioni d’affari che si sono presentate durante le trattative e che sono andate perse a causa della mancata conclusione del contratto; ad esempio, il soggetto ha perso la possibilità di alienare l’immobile, rifiutando un’altra proposta, perché si era impegnato nella conclusione del contratto con la controparte che ha receduto ingiustificatamente (lucro cessante).
Non è dovuto il risarcimento per:
- l’interesse positivo,
- il danno biologico
- il danno non patrimoniale alla vita di relazione ( 10649/1994).
Di seguito, un breve schema riepilogativo.
Danno risarcibile |
Danno non risarcibile |
Interesse negativo Interesse a non dare corso a trattative inutili che abbiano comportato delle spese |
Interesse positivo Interesse all’esecuzione del contratto |
Danno emergente Spese sostenute per la conclusione del contratto |
Danno biologico |
Lucro cessante Danno da perdita di occasioni |
Danno alla vita di relazione |
14. L’interesse negativo e il lucro cessante
Come abbiamo visto, il risarcimento ha ad oggetto il solo interesse negativo, ciò non esclude a priori la risarcibilità del danno da mancato profitto.
Per ottenerlo, il danneggiato deve dimostrare, ad esempio, che la trattativa – poi risultata inutile – gli ha fatto perdere un’occasione vantaggiosa ovvero che ha dovuto concludere l’affare tardivamente, in un momento in cui il prezzo di mercato si era abbassato rispetto all’epoca della negoziazione fallita.
Il lucro cessante, però, non è lo stesso della responsabilità per inadempimento. In quel caso, infatti, coincide con l’utile netto che il creditore avrebbe ottenuto a seguito dell’esatto adempimento. Viceversa, nella culpa in contrahendo, il danno consiste nella perdita di un’occasione favorevole. Tale profitto, solitamente, è inferiore a quello del contratto non concluso a causa dell’illecito precontrattuale, tuttavia, potrebbe anche essere superiore. In tale ultima ipotesi, l’eccedenza non va riconosciuta al danneggiato in virtù del principio generale per il quale il soggetto che ha subito un danno non deve trovarsi in una condizione migliore di quella in cui si sarebbe trovato in assenza dell’illecito (V. ROPPO, Il contratto, cit. 187).
Facciamo un esempio.
Il soggetto leso lamenta di aver perso del tempo in una trattativa che la controparte ha abbondonato; egli avrebbe potuto dedicarsi ad altre contrattazioni dalle quali avrebbe tratto un profitto. Per ottenere il ristoro del lucro cessante, il danneggiato deve dimostrare il vantaggio che avrebbe conseguito. Poniamo il caso in cui Tizio abbia acquisto un bene per 200 e abbia iniziato le trattative con Caio per venderlo a 220. Tizio fa affidamento sulla conclusione del contratto e rifiuta un’offerta di Sempronio per 210. In tal caso, il profitto perso da Tizio equivale a 10 (210-200) vale a dire all’importo al quale ha rinunciato confidando nella conclusione del contratto con Caio (A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, cit.).
15. Mancata conclusione del contratto o conclusione di contratto invalido o non conveniente: il danno risarcibile
La valutazione del danno risarcibile a seguito dell’illecito precontrattuale varia a seconda della fattispecie.
Analizziamo le tre ipotesi.
a. Mancata conclusione del contratto
Come abbiamo visto, la mancata conclusione del contratto per illecito precontrattuale comporta il risarcimento del danno per le spese inutili sostenute e per la perdita di occasioni d’affari.
b. Conclusione di contratto invalido o inefficace
Nell’ipotesi in cui l’illecito precontrattuale abbia portato alla conclusione di un contratto invalido o inefficace, alle somme di cui sopra (spese inutili sostenute e perdita di occasioni) vanno aggiunte quelle sostenute in vista dell’esecuzione del contratto.
c. Conclusione di contratto non conveniente
Infine, nel caso della conclusione di un contratto valido ed efficace ma non conveniente, il risarcimento copre lo “scarto di convenienza” (V. ROPPO, Il contratto, cit.). In buona sostanza, se il danneggiato ha ricevuto 100, mentre, senza inganno, avrebbe ottenuto 120, allora il risarcimento sarà pari a 20 (120-100).
16. La responsabilità precontrattuale della P.A.: cenni
Anche la pubblica amministrazione può commettere un illecito precontrattuale.
Ad esempio, ricorre la responsabilità precontrattuale della P.A. in tutti i casi in cui l’ente pubblico, durante le trattative con i terzi, abbia compiuto azioni o omissioni in violazione dei principi di correttezza e buona fede (Cass. S. U. 10413/2017). La responsabilità precontrattuale diverge da quella per provvedimento illegittimo, infatti:
- la responsabilità precontrattuale non postula l’illegittimità del provvedimento, ma riguarda l’abuso della libertà negoziale della P.A. in violazione dell’obbligo di buona fede ( St. 5611/2015);
- la responsabilità per provvedimento illegittimo, invece, richiede l’illegittimità del provvedimento.
Un altro caso in cui la P.A. risponde di responsabilità precontrattuale ricorre quando l’ente abbia preteso l’anticipata esecuzione del contratto in attesa dell’approvazione, poi negata (Cass. 9636/2015).
Un’ipotesi ulteriore riguarda il caso dell’amministrazione che, nella redazione del bando di gara, abbia commesso un errore ingiustificabile che abbia comportato all’annullamento dell’intero procedimento di gara, compresa l’avvenuta aggiudicazione (Cons. St. 86/2006); in tale circostanza, la P.A. risponde per le perdite di chance subite e per le spese sostenute.
Sembra in materia di revoca dell’aggiudicazione, anche se legittima, l’aggiudicatario ha diritto al risarcimento dei danni precontrattuali dovuti alla lesione dell’affidamento generato «nell’impresa vittoriosa in seno alla procedura di evidenza pubblica poi rimossa» purché il comportamento dell’ente risulti in violazione del dovere di correttezza ex art. 1337 c.c. (Cons. St. 3380/2008).
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