Locazione commerciale: tassati i canoni non percepiti se la risoluzione non è registrata
L’Agenzia delle Entrate contesta ad una contribuente di non aver dichiarato il reddito proveniente da una locazione ad uso commerciale. La donna si difende sostenendo che sia intervenuta la risoluzione del contratto con scrittura privata e che la conduttrice abbia ivi dato atto della mancata corresponsione dei canoni di locazione. La locazione era stata stipulata nel 2007 e solo nel 2008 era avvenuta la registrazione sia del contratto sia della risoluzione, pertanto, secondo l’amministrazione finanziaria, vanno tassati i canoni relativi al 2007 benché non riscossi.
Nel caso di una locazione ad uso non abitativo, è legittima la tassazione dei canoni non percepiti?
La Corte Cassazione, Sezione V, con l’ordinanza 9 gennaio 2024, n. 746 (testo in calce), risponde affermativamente e conferma la propria costante giurisprudenza secondo cui il reddito degli immobili locati uso diverso da quello abitativo è dato dal reddito locativo sino a che risulta in vita un contratto di locazione. Pertanto, i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile, sinché non sia intervenuta la risoluzione del contratto oppure un provvedimento di convalida dello sfratto. Inoltre, la risoluzione contrattuale è un atto che deve essere registrato (
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artt. 3,
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17 e
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28 DPR 131/1986). L'omessa esecuzione di tale formalità - come nel caso in esame - rende l’atto, con specifico riferimento alla presunta data della risoluzione del contratto, inopponibile all'Amministrazione finanziaria.

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Una contribuente riceve un avviso di accertamento con cui viene rettificato il reddito ai fini IRPEF per l’anno d’imposta 2007. In particolare, viene contestato alla donna di non aver dichiarato il reddito proveniente da una locazione ad uso commerciale. La Commissione Tributaria Provinciale dichiara inammissibile il ricorso in quanto tardivo, mentre, la Commissione Tributaria Regionale, pur ritenendolo ammissibile, lo rigetta nel merito. Di seguito, la cronistoria dell’accaduto:
- nel dicembre 2005 viene stipulato il contratto di locazione,
- nel dicembre 2007 le parti raggiungono un accordo per la risoluzione del contratto, nel documento si dà atto della mancata corresponsione dei canoni da parte della conduttrice,
- nel febbraio 2008 avviene la registrazione del contratto,
- nel marzo 2008 viene registrata la risoluzione dello stesso,
- nell’aprile del 2009, la società conduttrice è dichiarata fallita.
Secondo i giudici tributari, quanto verificatosi prima della registrazione del contratto (ossia prima del febbraio 2008) è irrilevante. L’accordo risolutivo del dicembre 2007 non ha effetto retroattivo ed è intempestivo rispetto ai redditi del 2007, inoltre, la mancata percezione dei canoni non esonera dall’obbligo di dichiararli.
Si giunge così in Cassazione.
Il reddito fondiario dipende dalla titolarità del bene a prescindere dalla percezione
Nel caso della locazione ad uso abitativo, allorché i canoni non siano percepiti a causa della morosità del conduttore, questi non concorrono a formare il reddito, purché la mancata percezione sia comprovata
- dall'intimazione di sfratto per morosità
- dall'ingiunzione di pagamento.
Così dispone l’art. 26 comma 1, seconda parte, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) come modificato dall’art. 3 quinquies d.l. 34/2019. La norma produce effetto per i canoni derivanti dai contratti di locazione di immobili non percepiti a decorrere dal 1° gennaio 2020 (d.l. 41/2021 art. 6 septies comma 2).
Invece, nel caso degli immobili adibiti ad uso diverso da quello abitativo, l’art. 26 comma 1, primo periodo, del TUIR, prevede che i redditi fondiari concorrano, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale.
I canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile
La contribuente sottolinea come l’art. 26 TUIR preveda una presunzione di incasso dei canoni di locazione ad uso diverso da quello abitativo che si applica sino a prova contraria. Ella sostiene di aver offerto una prova certa della mancata percezione dei canoni, stante il fallimento della società conduttrice, in assenza di attivo. Inoltre, afferma che la registrazione della risoluzione del contratto, avvenuta nel 2008, abbia effetto meramente dichiarativo rispetto alla risoluzione avvenuta nel dicembre del 2007. Infine, lamenta che non sia stata considerata la dichiarazione della società conduttrice di non aver corrisposto i canoni.
Le doglianze sono infondate.
La giurisprudenza è costante nell’affermare che il reddito degli immobili locati uso diverso da quello abitativo è dato dal reddito locativo sino a che risulta in vita un contratto di locazione. Pertanto, anche i canoni non percepiti per morosità costituiscono reddito tassabile, fino a che:
- non sia intervenuta la risoluzione del contratto,
- o un provvedimento di convalida dello sfratto.
Infatti, il criterio di imputazione del reddito de quo è costituito dalla titolarità del diritto reale, a prescindere dalla sua effettiva percezione (
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Cass. 20661/2020,
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Cass. 12332/2019,
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Cass. 19240/2016).
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Il riferimento al reddito locativo opera sino a che il contratto è in essere
L’applicazione dell’art. 26 TUIR al caso in esame non costituisce un’interpretazione costituzionalmente illegittima. Infatti, «la capacità contributiva desumibile dal presupposto economico al quale l'imposta è collegata, può essere ricavata, in linea di principio, da qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di costituzionalità» (Corte Cost. 362/2000). Il sistema che per la determinazione del reddito fa riferimento al canone di locazione ha natura eccezionale e va armonizzato con il sistema complessivo. Pertanto, se di regola i redditi fondiari concorrono a formare il reddito complessivo indipendentemente dalla percezione, il disposto che fa riferimento ai canoni di locazione potrà operare solo fino a che risulterà in vita un contratto di locazione e, quindi, sarà dovuto un canone in senso tecnico. Invece, nessun canone è dovuto e il riferimento al reddito locativo non è più praticabile, quando:
- il contratto cessi per scadenza del termine (art. 1596 c.c.) ed il locatore chieda la restituzione del bene,
- quando sia avvenuta la risoluzione del contratto,
- quando sia avvenuta la risoluzione per inadempimento in presenza di clausola risolutiva espressa in seguito alla dichiarazione di avvalersi della clausola (art. 1456 c.c.),
- quando sia avvenuta la risoluzione in seguito alla diffida ad adempiere (art. 1454 c.c.).
Nei casi su descritti non si produce reddito locativo e torna ad applicarsi la regola generale (Cass. 12332/2019, Cass. 19240/2016).
La risoluzione del contratto va registrata: è un obbligo fiscale
Secondo i giudici, i canoni di locazione non percepiti nell'anno 2007 dovevano essere dichiarati e concorrere alla formazione del reddito. Solo a seguito della registrazione della risoluzione i canoni di locazione non sono più soggetti ad imposizione e si applica l’ordinaria tassazione catastale dell’immobile. La risoluzione deve essere registrata in termine fisso, anche se stipulata verbalmente o se il relativo contratto venga redatto nella forma della scrittura privata non autenticata. La risoluzione, quindi, rientra tra gli eventi che devono obbligatoriamente essere portati a conoscenza dell’Amministrazione finanziaria (art. 3 e 17 DPR 131/1986). Si tratta di un vero e proprio obbligo fiscale, pertanto, in caso di omissione, permane l’obbligazione tributaria. L’accordo di risoluzione che non sia registrato è inopponibile all'Amministrazione Finanziaria con specifico riferimento alla presunta data della risoluzione del contratto.
Quando un atto ha data certa opponibile ai terzi?
Secondo il Codice civile (art. 2704 c.c.), la data della scrittura privata non autenticata – come l’accordo di risoluzione del contratto – è certa e computabile riguardo ai terzi:
- dal giorno in cui la scrittura è stata registrata
- dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l'hanno sottoscritta
- dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici
- o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento.
La nozione di terzo di cui alla citata norma comprende anche l'Amministrazione finanziaria, titolare di un diritto di imposizione in qualche misura collegato al negozio documentato e suscettibile di pregiudizio per effetto di esso (
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Cass. 15352/2021).
Conclusioni: rigettato il ricorso del contribuente
La Suprema Corte rigetta il ricorso del contribuente poiché la Commissione Tributaria Regionale ha fatto buon governo dei principi sopra esposti. In particolare, trattandosi di locazione commerciale, i giudici tributari correttamente hanno ritenuto che i canoni concorressero alla determinazione del reddito del 2007 benché non percepiti.
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