Legittime le limitazioni della circolazione dei mezzi pesanti nell’area urbana di Milano
Il Consiglio di Stato (Sezione V, Sentenza n. 1884/2024 - testo in calce) ha ribaltato la pronuncia del Tar che aveva annullato gli atti di limitazione alla circolazione, accogliendo il ricorso di alcune aziende di trasporto.
Per Palazzo Spada il Comune ha adottato i provvedimenti nell’esercizio del potere di cui all’art. 7 c. 9 del Codice della Strada, che si iscrive nei più ampi poteri conferiti ai comuni in quanto enti locali di maggiore prossimità al cittadino.
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La vicenda
La controversia decisa dal Consiglio di Stato riguarda gli atti adottati dal Comune di Milano per regolamentare la circolazione di veicoli ingombranti di categoria M2, M3, N2 e N3 nella z.t.l.
Il Tar Lombardia, nel novembre 2023, aveva accolto i ricorsi proposti da alcune compagnie di trasporto, annullando gli atti impugnati.
Il Comune di Milano si è rivolto a Palazzo Spada deducendo l’erroneità della sentenza nella parte in cui il Tar ha accolto il primo mezzo contenuto nei due ricorsi presentati in primo grado. Il Consiglio di Stato ha ritenuto il motivo fondato.
L’oggetto del contendere
La censura ha riguardato la statuizione del Tar in merito all’incompetenza del Comune, con riferimento alla sussistenza, o meno, di una disposizione di legge che intesti allo stesso il potere di adottare i provvedimenti gravati nel rispetto del principio di legalità applicato alla competenza, specularmente alla riserva di legge relativa di cui all’art. 97 c. 2 Cost. Il giudice di primo grado aveva accertato “l’incompetenza del Comune ad adottare gli atti oggetto di censura”, e ciò in quanto non è dato “rinvenire una previsione statale che consentisse loro l’esercizio di una potestà amministrativa di tale natura”, dal momento che “Tale previsione non sussiste, poiché l’art. 7, comma 1, lett. b) del d. lgs. n. 285 del 1992, sul quale si è basata l’azione del Comune di Milano, permette all’ente locale di istituire aree a traffico limitato nei centri abitati (aree B e C di Milano nel caso di specie)” per “esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale”, e non di adottare gli atti impugnati.
Gli atti annullati
Con delibera n. 971/2023 e ordinanza sindacale n. 1014/2023 il Comune aveva stabilito il divieto di “accesso e circolazione dinamica nella ZTL “Area B” dalle ore 07.30 alle ore 19.30, nei giorni feriali, dal lunedì al venerdì” per determinati veicoli, “per i veicoli, o complessi di veicoli, categoria M3 ed N3” e “per i veicoli, o complessi di veicoli, categoria M2 ed N2”. In secondo luogo, coi medesimi atti l’Ente aveva previsto delle deroghe per taluni veicoli. Con tali provvedimenti, pertanto, il Comune aveva limitato la circolazione in una zona della città imponendo un divieto di circolazione circoscritto ad alcuni veicoli e ad alcuni giorni della settimana e orari, prevedendo al contempo alcune deroghe a detto divieto.
La competenza del Comune
Secondo il Consiglio di Stato con tali atti l’ente ha esercitato il potere conferito ai comuni dall’art. 7 comma 9 del Codice della Strada, richiamato nella deliberazione n. 971/2023, e non, contrariamente a quanto affermato dal Tar, il potere che trova fonte nell’art. 7 c. 1 del medesimo Codice.
Mentre infatti con la lett. b) del c. 1 dell’art. 7 del Codice si permette all’ente locale di istituire aree a traffico limitato nei centri abitati per “esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale”, ai sensi dell’art. 7 c. 9 del Codice “i comuni, con deliberazione della Giunta, provvedono a delimitare le aree pedonali e le zone a traffico limitato tenendo conto degli effetti del traffico sulla sicurezza della circolazione, sulla salute, sull'ordine pubblico, sul patrimonio ambientale e culturale e sul territorio”.
La tutela della sicurezza
Il divieto imposto dal Comune coi provvedimenti gravati, riguardanti l’accesso e la circolazione in una zona della città, in determinati orari e giorni della settimana e per determinati veicoli costituisce una modalità di istituzione di una z.t.l. ai sensi dell’art. 7 c. 9 del Codice. Esso è infatti introdotto al fine di “fare tutto il possibile per ridurre considerevolmente l’incidentalità”, atteso che si “si registrano sinistri, anche mortali, che vedono coinvolti utenti deboli della strada e mezzi ingombranti, anche articolati, riconducibili all’assenza di sistemi avanzati in grado di rilevare la presenza di pedoni e ciclisti situati in prossimità immediata del veicolo stesso”. Il tema della sicurezza della circolazione e conseguentemente dell’incolumità personale è quindi centrale nel giustificare l’adozione dei provvedimenti gravati.
Sicché il Comune ha esercitato il potere allo stesso conferito dal c. 9 dell’art. 7 del Codice e non il potere di limitare la circolazione per motivi di inquinamento e di tutela del patrimonio artistico, ambientale e naturale conferito con il c. 1 lett. b) dell’art. 7.
L’ambito temporale di operatività
La circostanza che il Comune abbia circoscritto l’ambito temporale di applicazione del divieto (istituto dal lunedì al venerdì, in una determinata fascia oraria) costituisce un’ulteriore declinazione del potere di limitare, e non di escludere, l’accesso alla zona di riferimento.
L’accoglimento dell’appello
Il Consiglio di Stato, nel condividere le ragioni del Comune, ha affermato che l’Amministrazione ha adottato i provvedimenti gravati nell’esercizio del potere di cui all’art. 7 c. 9 del Codice della Strada, che si iscrive nei più ampi poteri conferiti ai comuni in quanto enti locali di maggiore prossimità al cittadino.
In particolare “L’art. 7 comma 9 del d. lgs. n. 285 del 1992, nell’ambito del più generale contesto normativo di riferimento, costituisce quindi la fonte del potere comunale di adottare gli atti impugnati. Tanto basta per ritenere fondata la censura”.