Procedura civile

Revocatoria proposta dal creditore cedente: il cessionario è legittimato attivo e può appellare

Il cessionario del credito è legittimato a proporre l’azione revocatoria e a intervenire nel giudizio promosso dal cedente in quanto portatore di un interesse attuale e concreto (Cass. n. 25424/2023)

Il fideiussore per un prestito si spoglia dei propri beni e li cede alla moglie in sede di separazione consensuale. La banca creditrice lo evoca in giudizio, esperendo l’azione revocatoria ma, in primo grado, la domanda è rigettata. Medio tempore, il credito viene ceduto nel corso di un’operazione di cartolarizzazione e il cessionario interpone appello. Il giudice del gravame accoglie l’eccezione sollevata dal fideiussore relativa al difetto di legittimazione attiva e dichiara inammissibile l’appello. Infatti, secondo la decisione di merito, il diritto controverso è l’inefficacia dell’atto e non il diritto di credito da fideiussione, pertanto, il cessionario non può subentrare nel diritto controverso azionato, non trovando applicazione l’art. 111 c.p.c.

Il cessionario del credito è legittimato ad intervenire nel giudizio promosso dal creditore cedente e ad interporre appello?

La Corte di Cassazione, Sezione III, con l’ordinanza 29 agosto 2023, n. 25424 (testo in calce), risponde affermativamente. Il cessionario del credito è legittimato a proporre l’azione revocatoria e ad intervenire nel giudizio promosso dal cedente “in quanto portatore di un interesse attuale e concreto ad un risultato utile giuridicamente rilevante”. Nel caso di specie, la cessione di credito ha ad oggetto anche i diritti posti a fondamento dell’azione revocatoria promossa dal cedente. Il credito tutelato con l'azione revocatoria «si trasferisce per effetto di cessione ed anche il cessionario acquista ipso iure il diritto di "promuovere l'azione esecutiva" a norma dell'art. 2902 c.c., che non sarebbe concepibile scisso dal credito ceduto e dunque il diritto di appellare».

Sommario

La vicenda

Un uomo, fideiussore per il prestito chiesto da una società, nel corso della separazione consensuale, cede alla moglie la quota indivisa pari al 50% della piena proprietà di un appartamento e di un terreno. La banca creditrice lo evoca in giudizio, chiedendo la declaratoria di nullità per simulazione o l’inefficacia ex art. 2901 c.c. del trasferimento operato dal fideiussore a favore della consorte. In primo grado, la domanda dell’istituto di credito viene rigettata.

Una s.r.l. acquista pro soluto dalla banca creditrice – poi posta in liquidazione coatta amministrativa – una serie di crediti cartolarizzati (ai sensi della legge 130/1999) tra cui il credito in oggetto. La società cessionaria del credito propone appello avverso la decisione, ma il giudice del gravame lo dichiara inammissibile per difetto di legittimazione attiva. Secondo la decisione d’appello, il giudizio aveva ad oggetto non già il credito da fideiussione, cartolarizzato e ceduto alla cessionaria, ma un’azione revocatoria (o di simulazione) dell’atto di trasferimento operato nel verbale di separazione. Il diritto controverso è l’inefficacia dell’atto e non il diritto di credito, quindi, il cessionario non è subentrato nel diritto controverso, non operando l’art. 111 c.p.c. (i giudici di merito giustificano la decisione richiamando il principio di diritto espresso da Cass. 29637/2017 – amplius infra).

Si giunge così in Cassazione.

Premessa: cessione del credito e cartolarizzazione

Dal punto di vista dogmatico, la cessione del credito (art. 1260 c.c.) rientra tra le modificazioni delle obbligazioni dal lato attivo, in quanto ad un creditore (cedente) se ne sostituisce un altro (cessionario), mentre il debitore (ceduto) rimane lo stesso. Nel caso in esame, la società cessionaria ha acquistato in blocco i crediti della banca cedente tramite un’operazione di cartolarizzazione. La cartolarizzazione è un istituto giuridico o, meglio, una pratica finanziaria, consistente nella cessione in blocco di crediti, anche futuri, da parte di un'impresa-cedente (originator) a favore di una società cessionaria creata ad hoc (special purpose vehicle o Spv). Si basa sulla cessione del credito e persegue una doppia finalità (A. TORRENTE - P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, Giuffrè, 2013, 389-390):

  • smobilizzare i crediti, al fine di ottenere una liquidità immediata,
  • creare uno strumento finanziario, ossia una sorta di “nuovo bene”.

Le parti sono:

  • l’originator, solitamente una banca o un intermediario finanziario (cedente)
  • una società veicolo, anche denominata speciale purpose vehicle o Spv (cessionario),
  • eventualmente può essere presente un servicer, ossia un’altra distinta società di cui si avvale la società veicolo per riscuotere i crediti (art. 2 c. 3 lett. c) legge 130/1999)1.

In materia di cartolarizzazione e di eventuali eccezioni sollevabili dal debitore ceduto si segnala l’ordinanza del 2 maggio 2022 n. 13735 della Corte di Cassazione.

La cessione ha ad oggetto anche i diritti posti a fondamento dell’azione revocatoria

La società cessionaria del credito lamenta che la sentenza gravata abbia ritenuto fondata l’eccezione di difetto di legittimazione attiva rispetto al diritto di agire in revocatoria.

La Suprema Corte considera fondata la doglianza.

La sentenza gravata ha considerato inammissibile il gravame interposto dalla società cessionaria, ritenendo che il giudizio avesse ad oggetto non il credito da fideiussione cartolarizzato ma un’azione revocatoria (o di simulazione assoluta) in relazione all’atto di trasferimento realizzato in sede di separazione. Secondo i giudici di merito, il diritto controverso è l’inefficacia dell’atto e non il diritto di credito; in base a tale assunto, il cessionario non subentra nel diritto controverso azionato e non trova applicazione l’art. 111 c.p.c.

I giudici di legittimità ricordano che, nel caso in esame, la cessione del credito da parte della banca ha ad oggetto anche i diritti posti a fondamento dell’actio pauliana esperita dal creditore cedente, infatti:

  • il credito che viene tutelato con l’azione revocatoria si trasferisce per effetto della cessione,
  • e anche il cessionario acquista ipso iure il diritto di promuovere l’azione esecutiva una volta ottenuta la dichiarazione di inefficacia (art. 2902 c.c.) e tale diritto «non sarebbe concepibile scisso dal credito ceduto».

Il credito tutelato con la revocatoria si trasferisce per effetto della cessione

L’orientamento sopra esposto trova fondamento in alcune considerazioni di carattere sistematico che si riassumono di seguito (Cass. 20315/2022).

a) Le disposizioni generali in tema di cessione del credito prevedono che il credito venga trasferito al cessionario con i privilegi, le garanzie personali e reali, e con gli altri accessori (art. 1263 c. 1 c.c.). Si ricorda che il privilegio rappresenta una causa legittima di prelazione ed è la preferenza che la legge offre in considerazione della causa del credito (art. 2745 c. 1 c.c.)2. Ciò premesso, la cessione trasferisce anche i privilegi scaturenti dalle condizioni personali delle parti, quindi, a maggior ragione, si deve concludere che per effetto della cessione si trasferiscano anche gli effetti dell’azione revocatoria. Quest’ultima ha in comune con i privilegi lo scopo di garanzia del credito e trova la propria disciplina nel Libro IV, Titolo III del Codice civile (come i privilegi).

b) Le spese di giustizia per atti conservativi sono crediti privilegiati (art. 2755 c.c.) e, come abbiamo visto, i privilegi si trasferiscono per effetto della cessione del credito. L’azione revocatoria ha come scopo la conservazione della garanzia patrimoniale del creditore. Pertanto, se si negasse al cessionario di un credito la possibilità di godere degli effetti dell’azione revocatoria proposta dal cedente si giungerebbe ad un paradosso: da una parte, il credito ceduto conserverebbe il privilegio per le spese dell’azione revocatoria ma, dall’altra, non beneficerebbe degli effetti della revocatoria.

c) Il cessionario di un credito si giova del pignoramento eseguito dal cedente. Il pignoramento è il vincolo prodromico all’esecuzione diretto ad evitare la dispersione del patrimonio del debitore. Anche l’azione revocatoria mira alla conservazione della garanzia patrimoniale, pertanto, sarebbe contraddittorio ammettere che il cessionario benefici degli effetti del pignoramento ma non di quelli della revocatoria.

d) Quest’ultima mira a conservare la garanzia patrimoniale del creditore: il cessionario è creditore al pari del cedente, pertanto, deve potersi giovare dei suoi effetti.

e) Infine, un atto compiuto in frode al creditore non cessa di essere tale «sol perché circoli a latere creditoris».

Il precedente richiamato dalla sentenza gravata riguarda un’altra fattispecie

Come abbiamo ricordato, la decisione impugnata richiama in motivazione una sentenza di legittimità (Cass. 29637/2017) che, però, ha ad oggetto una diversa fattispecie. Ricordiamola brevemente.

Un curatore fallimentare propone l’azione revocatoria fallimentare per un pagamento ricevuto da una banca relativamente ad un ordine di pagamento emesso dal giudice dell’esecuzione in seguito ad un’espropriazione immobiliare. Al momento della citazione in giudizio da parte del curatore fallimentare, la banca convenuta ha già ceduto il credito oggetto di revocatoria e, nel costituirsi in giudizio, non eccepisce nulla al riguardo. La banca, rimasta soccombente in primo grado, interpone appello, dichiarando di non agire in proprio ma nella qualità di rappresentante del cessionario. La Corte d’Appello dichiara inammissibile il gravame “sul presupposto che dichiarare solo in appello di stare in giudizio per conto di qualcun altro costituiva un inammissibile mutamento dei presupposti del thema decidendum, non consentito dall'art. 345 c.p.c.”. La banca appella la decisione deducendo di essere tornata ad essere la creditrice del credito impugnato con la revocatoria, per effetto di cessione del credito e, quindi, doveva esserle consentito di proporre appello. La Suprema Corte rigetta il ricorso richiamando una pronuncia del 2014 secondo cui “nell’azione revocatoria fallimentare il diritto controverso è il diritto all’inefficacia dell’atto, nel caso di pagamento, e non già il diritto di credito oggetto della cessione” (Cass. 25660/2014).

Al lume di quanto esposto, il richiamato precedente riguarda un’altra fattispecie e, pertanto, hanno errato i giudici di merito a porlo a fondamento della decisione gravata.

Successione a titolo particolare nel diritto controverso

L’art. 111 c.p.c. si occupa della successione a titolo particolare nel diritto controverso e dispone quanto segue.

  • Se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare, il processo prosegue tra le parti originarie (comma 1);
  • in ogni caso, il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e, se le altre parti vi consentono, l'alienante o il successore universale può esserne estromesso (comma 3);
  • la sentenza pronunciata contro questi ultimi spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui, salve le norme sull'acquisto in buona fede dei mobili e sulla trascrizione (comma 4).

Nell’ambito dell’actio pauliana, qualora, nel corso di un processo, la parte attrice ceda il proprio credito, il cessionario può intervenire ex art. 111 c.p.c. come successore nel diritto affermato in giudizio. Infatti, con la domanda di cui all’art. 2901 c.c. si esplica la facoltà del creditore di soddisfarsi su un determinato bene del patrimonio del debitore e tale facoltà rappresenta il contenuto del suo diritto di credito (Cass. 5649/2023). Allorché il cessionario del credito intervenga nel processo promosso dal cedente contro il debitore, anche in appello, in qualità di successore a titolo particolare – come prevede il summenzionato art. 111 c. 3 c.p.c. – può pronunciarsi la condanna del convenuto all’adempimento direttamente a favore del cessionario. Ciò a prescindere dalla mancata estromissione dalla causa del cedente «ove il cessionario medesimo abbia formulato una domanda in tal senso con l'adesione del cedente e non vi siano contestazioni da parte del debitore ceduto neppure in ordine al verificarsi della cessione stessa» (Cass. 10442/2023).

Conclusioni: il cessionario può appellare

Secondo la giurisprudenza di legittimità, il cessionario del credito è legittimato:

  • a proporre l’azione revocatoria,
  • ad intervenire nel giudizio promosso dal cedente.

in quanto «portatore di un interesse attuale e concreto ad un risultato utile giuridicamente rilevante» (Cass. 6130/2018; Cass. 5649/2023). Alla luce di quanto sopra esposto:

  • «va concluso che il credito tutelato con l'azione revocatoria si trasferisce per effetto della cessione e che anche il cessionario acquista ipso iure il diritto di "promuovere l'azione esecutiva" a norma dell'art. 2902 c.c., che non sarebbe concepibile scisso dal credito ceduto e dunque il diritto di appellare»

I giudici di legittimità accolgono il primo motivo di ricorso, cassano la sentenza con rinvio alla Corte d’appello che dovrà attenersi ai principi sopra esposti e provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

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NOTE

[1] L’istituto della cartolarizzazione è così strutturato:

  • l’originator cede a titolo oneroso uno o più crediti pecuniari in blocco alla società veicolo;
  • la società veicolo, per procurarsi la liquidità necessaria ad acquistare i crediti di cui sopra, emette dei titoli collocati presso investitori,
  • la società veicolo direttamente oppure utilizzando un servicer procede alla riscossione dei crediti ceduti,
  • le somme incassate dai debitori ceduti sono destinate in via esclusiva ai portatori dei titoli emessi per finanziare l’acquisto dei crediti (art. 1 c. 1 lett. b) legge 130/1999).

[2] Il privilegio può essere:

  • generale se riguarda tutti i beni mobili del debitore,
  • speciale se riguarda determinati beni mobili o immobili del debitore (art. 2746 c.c.).

Il privilegio generale non attribuisce il diritto di sequela (ius sequelae) e, pertanto, può essere esercitato solo sino a che i beni mobili fanno parte del patrimonio del debitore (art. 2747 c. 1 c.c.).

Il privilegio speciale, invece, rappresenta un diritto reale di garanzia e si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi successivamente alla costituzione del privilegio stesso (art. 2747 c. 2 c.c.).

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