Procedura civile

Casella PEC piena: la notifica non si perfeziona e non decorre il termine breve per l’appello

Quando sia presente l’elezione di domicilio fisico in associazione a quello digitale, il notificante ha l’onere di riprendere il procedimento notificatorio presso il domicilio fisico

Il giudice di secondo grado dichiara tardivo e, quindi, inammissibile l’appello notificato da una delle parti dopo il decorso del termine breve. Gli appellati sostengono che la notifica della sentenza impugnata sia avvenuta presso il difensore costituito dell’appellante e producono in giudizio il messaggio di mancata consegna per casella postale di destinazione piena. Secondo il giudice di merito, la notifica è stata correttamente effettuata e il termine breve è spirato.

Il quesito sottoposto agli ermellini è se la notifica si perfezioni anche nel caso in cui non vada a buon fine per causa imputabile al destinatario (come la saturazione della casella di posta).

La Corte di Cassazione, Sezione I, con l’ordinanza 7 giugno 2023, n. 16125 (testo in calce), risponde negativamente e richiama la propria recente giurisprudenza in materia. Nell’ipotesi in cui la notifica a mezzo PEC dell’impugnazione non possa completarsi a causa della "casella piena" del destinatario, il notificante ha l’onere di procedere alla notifica presso il domicilio fisico allorché sia presente la «specifica elezione di domicilio fisico eventualmente in associazione al domicilio digitale». In caso contrario, non si può ritenere che la notifica si sia perfezionata con il primo invio telematico, nonostante la casella piena rappresenti un comportamento obiettivamente negligente del destinatario. Secondo la giurisprudenza di legittimità «dev'esser escluso che il regime normativo concernente l'identificazione del c.d. domicilio digitale abbia soppresso la prerogativa processuale della parte di individuare, in via elettiva, uno specifico luogo fisico come valido riferimento, eventualmente in associazione al domicilio digitale, per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati […]».

Sommario

Il processo civile dopo la riforma Cartabia, di Didone Antonio, De Santis Francesco, Ed. CEDAM. D.Lgs 10 ottobre 2022, n. 149 aggiornato alle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio (Legge 29 dicembre 2022, n. 197).
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La vicenda: appello tardivo?

L’attore soccombente in primo grado propone appello avverso la sentenza con atto notificato nell’ottobre del 2017. La Corte d’Appello lo dichiara inammissibile per la tardività della notifica dell’impugnazione, essendo decorso il termine breve. Infatti, gli appellati eccepiscono che la notifica della sentenza impugnata sia avvenuta nell’aprile del 2017 presso il difensore costituito dell’appellante. A riprova di ciò, viene prodotto in giudizio il messaggio di mancata consegna per casella postale piena. L’appellante presenta ricorso per cassazione.

Prima di analizzare il decisum, ricordiamo brevemente i termini per interporre gravame.

Premessa: il termine per proporre appello e il perfezionamento della notifica

Per la proposizione delle impugnazioni sono previsti due termini: breve e lungo.

Il termine breve è (art. 325 c.p.c.):

  • 30 giorni per proporre l'appello, la revocazione e l'opposizione di terzo ex art. 404 c. 2 c.p.c.
  • 60 giorni per proporre il ricorso per cassazione.

I termini sono perentori (art. 326 c.p.c.) e decorrono:

  • dalla notificazione della sentenza,
  • tranne per i casi previsti nei numeri 1, 2, 3 e 6 dell'art. 395 e negli artt. 397 e 404 c. 2, riguardo ai quali il termine decorre dal giorno in cui è stato scoperto il dolo o la falsità o la collusione o è stato recuperato il documento o è passata in giudicato la sentenza di cui al numero 6 dell'articolo 395, o il pubblico ministero ha avuto conoscenza della sentenza.

Il termine decorre “sia per il soggetto notificante che per il destinatario della notificazione, dal momento in cui il relativo procedimento si perfeziona per il destinatario”. La giurisprudenza si era già espressa in tal senso (Cass. SS. UU. 6278/2019) e la “Riforma Cartabia” è intervenuta sull’art. 326 c.p.c. inserendo l’inciso di cui sopra.

Il termine lungo è di 6 mesi e si fa riferimento ad esso allorché la sentenza non sia stata notificata. In tale circostanza, la parte può proporre l’impugnazione entro 6 mesi decorrenti dalla pubblicazione della sentenza (art. 327 c.p.c.). La sentenza si intende pubblicata quando avviene il deposito in cancelleria (art. 133 c. 1 c.p.c.).

Messaggio PEC di mancata consegna: la notifica non è perfezionata

Il ricorrente ritiene che la sentenza gravata sia nulla e che l’appello non sia tardivo. La Corte di merito ha ritenuto inammissibile l’appello, in quanto notificato dopo il decorso del termine breve. Invero, il giudice di merito, erroneamente, ha considerato come perfezionata la notifica a mezzo PEC effettuata dal convenuto, nonostante il sistema informatico non abbia generato una ricevuta di avvenuta consegna, ma una ricevuta di mancata consegna per casella piena.

La sentenza gravata ha equiparato la mancata consegna per casella piena al rifiuto di ricevere l’atto, ritenendo, quindi, perfezionata la notifica. Una simile equiparazione è incongrua, in quanto nell’ipotesi della notifica a mani proprie e di rifiuto di ricevere l’atto, il destinatario è consapevole della notifica, mentre nel caso della casella piena, il destinatario non sa nulla.

In conclusione, secondo il ricorrente, il termine breve non ha mai iniziato il suo corso, stante l’omessa notifica, e l’appello è tempestivo in quanto notificato prima del decorso del termine lungo.

La Suprema Corte considera fondata la doglianza.

La mancata consegna per casella satura non equivale al rifiuto di ricevere l’atto

Gli ermellini intendono dare continuità al più recente orientamento che espressamente esclude il perfezionamento della notifica nel caso di “casella piena” (Cass. 2193/2023). La notifica telematica effettuata presso il domicilio digitale è valida solo nell'ipotesi di avvenuta consegna. Nel caso in cui sia presente l’elezione di un domicilio fisico, qualora la casella risulti piena per insufficiente gestione dello spazio da parte del destinatario della notifica, il notificante deve, per tempo, riprendere il procedimento notificatorio presso il domicilio eletto, «e ciò a valere solo nel caso specificato, altrimenti non potendo sussistere alcun altro affidamento, da parte del notificatario, se non alla propria costante gestione della casella di posta elettronica, e nessun'altra appendice alla condotta esigibile dal notificante» (Cass. 40758/2021).

Per completezza espositiva, si ricorda che l’orientamento opposto si fonda sul disposto dell’art. 149 bis c. 3 c.p.c. laddove si afferma che “la notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario”. Pertanto, secondo tale indirizzo, sarebbe onere del difensore evitare la saturazione della propria casella di posta elettronica certificata, in quanto lasciare saturare la casella sarebbe equivalente ad un preventivo rifiuto di ricevere la notifica (ex art. 138 c. 2 c.p.c.).

Casella piena: notifica presso il domicilio fisico precedentemente eletto

La giurisprudenza di legittimità, di recente (Cass. Ord. 2193/2023), ha chiarito che, qualora negli atti sia indicato il domicilio “fisico” e la casella del destinatario risulti piena, il notificante deve attivarsi eseguendo la notifica presso il domicilio fisico eletto (Cass. 26810/2022). Gli ermellini richiamano il seguente principio di diritto:

  • «in caso di notificazione a mezzo PEC del ricorso per cassazione non andata a buon fine, ancorché per causa imputabile al destinatario (nella specie per "casella piena"), ove concorra una specifica elezione di domicilio fisico - eventualmente in associazione al domicilio digitale - il notificante ha il più composito onere di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio presso il domiciliatario fisico eletto in un tempo adeguatamente contenuto, non potendosi, invece, ritenere la notifica perfezionata in ogni caso con il primo invio telematico» (Cass. 40758/2021).

Tale orientamento trova il proprio fondamento nel fatto che la disciplina relativa al domicilio digitale non abbia soppresso la prerogativa processuale della parte di eleggere uno specifico luogo fisico eventualmente in associazione al domicilio digitale per la notificazione degli atti del processo alla stessa destinati. Pertanto, la parte deve provvedere tempestivamente – nei termini dimezzati indicati dall’art. 325 c.p.c. – al rinnovo della notifica secondo le regole generali ex artt. 137 c.p.c. e seguenti. Infatti, secondo le Sezioni Unite:

  • «la parte che ha richiesto la notifica, nell'ipotesi in cui non sia andata a buon fine per ragioni e lei non imputabili, appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve attivarsi con immediatezza per riprendere il processo notificatorio e deve svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento. Questi requisiti di immediatezza e tempestività non possono ritenersi sussistenti qualora sia stato superato il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data rigorosa prova» (Cass. SS. UU. 14594/2016).

Conclusioni: appello tempestivo, accolto il ricorso

In conclusione, la Suprema Corte accoglie la doglianza del ricorrente relativa alla tempestività dell’appello, cassa la decisione gravata con rinvio alla Corte d’Appello che provvederà anche per le spese di legittimità.

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