Decreto ingiuntivo e morte dell’opponente: gli eredi possono proporre opposizione di terzo?
Una società ottiene un decreto ingiuntivo per il pagamento di circa 90 mila euro, il debitore propone opposizione ma, nelle more, decede. Le sue tre figlie si costituiscono in giudizio tramite un institore e l’opposizione si conclude con la condanna al pagamento di circa 46 mila euro. A questo punto, il creditore notifica la sentenza e il precetto non solo alle tre figlie ma anche alla moglie del defunto, anch’ella erede, ma pretermessa nel processo di opposizione a decreto ingiuntivo.
Di qui sorge la questione di ordine processuale da risolvere.
L’opposizione a decreto ingiuntivo è avvenuta con la pretermissione di una delle eredi (la moglie), la quale, pur consapevole del processo, non vi è intervenuta ma, successivamente, ha proposto opposizione di terzo (ex art. 404 c. 1 c.p.c.).
L’erede pretermesso è legittimato a proporre opposizione di terzo “ordinaria”?
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 15 giugno 2023, n. 17212 (testo in calce), risponde positivamente ma con alcune precisazioni.
Nel caso di prosecuzione del giudizio in confronto solo di alcuni degli eredi (ossia con un contraddittorio non integro per violazione della regola del litisconsorzio processuale necessario) la coerede pretermessa può impugnare la sentenza con il rimedio dell’opposizione di terzo. Non rileva la circostanza che l’erede pretermessa sia consapevole del processo e scelga scientemente di non intervenire, in quanto la suddetta scelta avrebbe potuto essere neutralizzata dalla controparte, sulla quale gravava il dovere di accertare se vi fossero ulteriori eredi in virtù del principio di diligenza processuale.
A tal proposito, i giudici di legittimità distinguono due ipotesi: 1) qualora la morte della parte emerga nel corso del processo (come fatto processuale) e questo prosegua nei confronti di taluno degli eredi, l’erede pretermesso gode della legittimazione ad esperire il rimedio dell’opposizione di terzo (ex art. 404 c. 1 c.p.c.); 2) invece, nel caso in cui il decesso non emerga durante il processo, allora gli eredi subentrano nella posizione giuridica del de cuius e dispongono dei mezzi impugnatori ordinari o, qualora ne ricorrano i presupposti, possono esperire l’opposizione di terzo revocatoria (ex art. 404 c. 2 c.p.c.).
La vicenda in esame, però, è ancor più complessa. Infatti, nel caso di specie, la moglie del de cuius, a sua volta, viene a mancare e le figlie ricorrono in Cassazione sia in qualità di eredi del padre che in qualità di eredi della madre, sostenendo di essere legittimate all’opposizione di terzo, avendo ereditato la posizione giuridica della genitrice. Ebbene, secondo gli ermellini, qualora l'erede opponente (la madre) deceda e gli altri eredi (le figlie) accettino la sua eredità senza beneficio di inventario, «subentrando nella sua posizione processuale nel giudizio di opposizione di terzo (in cui siano stati già coinvolti come parti della sentenza opposta), la confusione delle loro rispettive posizioni sostanziali, siccome oggetto della decisione opposta, con quella del de cuius, determina la sopravvenuta carenza di interesse rispetto all'opposizione a suo tempo introdotta dal medesimo de cuius».
La vicenda
Un uomo riceve un decreto ingiuntivo per il pagamento di circa 90 mila euro; l’ingiunto propone opposizione ma, nelle more, decede e il giudizio viene proseguito dalle tre figlie, rappresentate da un institore munito di procura institoria per la gestione della “società di fatto” delle eredi del defunto, costituitasi alla sua morte. L’opposizione si conclude con la condanna al pagamento di circa 46 mila euro e la società creditrice notifica la sentenza e il precetto alle eredi del debitore. La notifica viene inviata non solo alle tre figlie ma anche alla moglie del de cuius, rimasta estranea al giudizio di opposizione.
Le quattro eredi (ossia le tre figlie e la moglie) propongono opposizione di terzo avverso la sentenza loro notificata come titolo esecutivo, deducendone la nullità o l’inesistenza.
Le eredi sostengono di aver avuto contezza del procedimento solo in seguito alla notifica del titolo esecutivo ed eccepiscono la loro pretermissione come litisconsorti necessarie. Infatti, la procura institoria aveva ad oggetto unicamente la gestione della “società di fatto degli eredi” e non attribuiva all’institore il potere di rappresentare le figlie del defunto nelle cause che le riguardavano iure hereditario. Inoltre, il giudizio di opposizione non era stato riassunto nei confronti del coniuge del defunto, la quale non aveva neppure sottoscritto la procura institoria.
Il Tribunale accoglie l’opposizione di terzo e, senza analizzare la validità o meno della procura, dichiara nulla la sentenza di primo grado per la pretermissione della moglie del de cuius, litisconsorte necessaria, e rimette le parti dinnanzi al primo giudice.
In sede di gravame, viene accolto l’appello proposto dal creditore e la sentenza di primo grado viene dichiarata valida ed efficace. Il giudice di merito ritiene che gli eredi del defunto possano esperire il rimedio dell’opposizione di terzo qualora siano litisconsorti necessari pretermessi. Tuttavia, nel caso di specie, le figlie si erano validamente costituite in giudizio tramite l’institore, mentre la moglie del de cuius, effettivamente pretermessa, non aveva provato il pregiudizio derivatole dalla pretermissione. La mera pretermissione, di per sé, non è sufficiente a legittimare la parte ad esperire il rimedio dell’opposizione di terzo, pertanto, nessuna delle quattro eredi era legittimata ad agire ex art. 404 c.p.c.
Si giunge così in Cassazione e, nelle more, la madre delle tre figlie muore e queste ultime agiscono sia in proprio (come eredi del padre) che in qualità di eredi della madre.
Le eredi propongono ricorso principale e la società creditrice ricorso incidentale.
I motivi di doglianza sono molteplici, per brevità espositiva verranno analizzati solo alcuni di essi.
Violazione del principio del contraddittorio
Tra le numerose doglianze, le eredi lamentano che la sentenza gravata abbia ritenuto che la mera pretermissione della moglie del de cuius non fosse sufficiente per legittimarla ad esperire il rimedio dell’opposizione di terzo (ex art. 404 c. 1 c.p.c.) in difetto della prova del pregiudizio sofferto.
Tale censura coglie nel segno. Infatti, la ratio decidendi della pronuncia impugnata si fonda sul consolidato principio di diritto[1] secondo cui la violazione delle norme processuali può essere invocata solo allorché la parte deduca la concreta lesione del proprio diritto di difesa o la sussistenza di un pregiudizio effettivo. Tuttavia, nel caso di specie, il giudice di merito non ha considerato che il pregiudizio patito dalla litisconsorte pretermessa (ossia la moglie) era già insito nella violazione del suo diritto al contraddittorio.
Ciò premesso, gli eredi sono legittimati ad impugnare tramite l’opposizione di terzo la sentenza che pregiudichi i loro diritti e che sia stata emessa verso il defunto, allorché deducano di essere stati pretermessi. Pertanto, il giudice d’appello avrebbe dovuto ritenere ammissibile il mezzo di impugnazione sollevato dalla moglie ed erede, benché ella abbia dedotto esclusivamente la violazione dell’integrità del contraddittorio.
Sì all’opposizione di terzo dell’erede-litisconsorte necessario pretermesso
Nel caso in cui nel corso di un processo la parte muoia, la legittimazione, attiva o passiva, si trasmette agli eredi, quindi, il rapporto processuale prosegue nei loro confronti e si crea un litisconsorzio necessario processuale, a prescindere dalla natura scindibile o meno del rapporto dedotto in giudizio. A tal fine, non rileva la mancata interruzione del processo per omessa comunicazione del decesso (ex art. 300 c.p.c.) allorché uno o taluno degli eredi si sia costituito volontariamente in giudizio «poiché in questa costituzione, preclusiva dell'effetto interruttivo, è insita la suindicata comunicazione, con conseguente necessità che il contraddittorio venga integrato nei confronti degli eredi non costituitisi» (
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Cass. 8437/1997;
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Cass. 28447/2020).
In buona sostanza, se un erede si costituisce volontariamente in giudizio, non è necessaria la dichiarazione del difensore in merito al decesso e il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio verso gli altri eredi (
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Cass. 24639/2020; Cass. 39384/2021;
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Cass. 3391/2023).
Nella fattispecie in esame, la madre, coerede con le figlie, è stata pretermessa dal giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in cui, invece, queste ultime si sono costituite a mezzo institore.
Il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo avrebbe dovuto ordinare l’integrazione del contraddittorio se avesse avuto contezza della presenza di un altro erede oltre alle figlie. Tuttavia, nel caso di specie, l’esistenza di un altro erede non è stata rappresentata:
- né dalle figlie costituitesi in successione dell’opponente,
- né dal creditore opposto, sul quale gravava il dovere di accertare se vi fossero ulteriori eredi in virtù del principio di diligenza processuale.
Pertanto, la sentenza opposta è stata pronunciata con un contraddittorio non integro stante l’assenza della moglie e coerede del de cuius. Anche se la donna era a conoscenza del processo – come sostiene il creditore – e si è astenuta dall’intervenire, non avrebbe potuto subire come conseguenza la perdita della sua legittimazione ad opporre la sentenza ex art. 404 c. 1 c.p.c. Infatti, il coerede non ha l’obbligo di costituirsi in prosecuzione, in quanto la controparte – di fronte alla costituzione di soggetti che si presentino come eredi – deve attivarsi per verificare se ve ne siano altri.
Il coerede non perde la legittimazione ad agire ex art. 404 c. 1 c.p.c. anche se è consapevole che il processo si stia svolgendo senza la sua partecipazione.
Concludendo, nel caso di prosecuzione del giudizio in confronto solo di alcuni degli eredi (ossia con un contraddittorio non integro per violazione della regola del litisconsorzio processuale necessario), la coerede pretermessa può impugnare la sentenza con il rimedio dell’opposizione di terzo. Non rileva la circostanza che l’erede pretermessa abbia operato una scelta verosimilmente consapevole nel non intervenire, in quanto la suddetta scelta avrebbe potuto essere neutralizzata dalla controparte, se avesse osservato il dovere di diligenza di accertarsi della necessaria partecipazione della litisconsorte.

No all’opposizione di terzo verso sentenza emessa solo nei confronti del de cuius
Invece, nel caso in cui nel processo non emerga, come fatto processuale, la morte della parte originaria, le eredi devono impugnare la sentenza, emessa in loro assenza, con i mezzi ordinari.
L’unico problema riguarda «a quali termini [sia] soggetto il diritto di impugnazione, avuto riguardo alla circostanza che il de cuius era costituito in giudizio tramite difensore, come tale legittimato a ricevere anche la notifica ai fini della decorrenza del temine breve».
In tale circostanza, gli eredi non possono considerarsi terzi dal momento che subentrano nella situazione giuridica facente capo al de cuius. In altre parole, non godono di un diritto autonomo ma “derivativo”. In tal caso, è esperibile solo l’opposizione di terzo revocatoria, qualora ne ricorrano i presupposti (ex art. 404 c. 2 c.p.c.) (Cass. 35/1971;
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Cass. 8284/2016).
Il primo principio di diritto: legittimazione dell’erede pretermesso
Alla luce di quanto sopra esposto, i giudici di legittimità enunciano il seguente principio di diritto distinguendo due ipotesi. Qualora la morte della parte emerga nel corso del processo (come fatto processuale) gli eredi pretermessi godono della legittimazione ad esperire il rimedio dell’opposizione di terzo; invece, nell’ipotesi in cui il decesso non emerga durante il processo, allora gli eredi subentrano nella posizione giuridica del de cuius e dispongono dei mezzi impugnatori ordinari.
- «In tema di opposizione di terzo degli eredi avverso la sentenza emessa a conclusione del giudizio introdotto da o contro il de cuius, la legittimazione all'opposizione ordinaria va riconosciuta all'erede pretermesso in seguito all'emersione nel processo del fatto del decesso della parte originaria e della riassunzione o della volontaria costituzione in prosecuzione di uno o taluno dei coeredi, atteso che egli si trova con questi ultimi in una situazione di necessaria colegitimazione, avente fondamento in una fattispecie di litisconsorzio processuale, la quale, da un lato, impone al giudice, nel caso che essa emerga - eventualmente su impulso della controparte, gravata, al riguardo, da un dovere di attivazione fondato sul canone di diligenza processuale - di ordinare l' integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario non presente in giudizio, mentre, dall'altro lato, legittima quest'ultimo - il quale, peraltro quando sia consapevole della celebrazione del processo inter pauciores, non perde la facoltà di intervenire nello stesso, anche in grado di appello - ad impugnare la relativa sentenza, emessa a contraddittorio non integro, ai sensi dell'art. 404 c.p.c., comma 1;
- diversamente, nell' ipotesi in cui il decesso della parte originaria non sia emerso come fatto processuale e la sentenza sia stata emessa nei suoi confronti, gli eredi, quali successori in universum ius subentrati nella medesima situazione giuridica del defunto, non possono considerarsi terzi agli effetti dell'art. 404 c.p.c., comma 1 e conservano unicamente la legittimazione all'esperimento dei normali mezzi di gravame (in primo luogo, l'appello), cui può aggiungersi l'eccezionale legittimazione a proporre il mezzo straordinario di cui all'art. 404 c.p.c., comma 2 cioè l'opposizione di terzo c.d. revocatoria, la quale, esperibile nel caso in cui il decisum della sentenza sia stata effetto di dolo o collusione a loro danno, trova peraltro fondamento, non in un diritto autonomo, ma in un diritto "derivativo" da quello del defunto».
Il secondo principio di diritto: conseguenze dell’accettazione senza beneficio di inventario
In base a quanto sopra, la moglie del defunto era legittimata ad esperire l’opposizione di terzo, tuttavia, nella vicenda in esame, ella è venuta a mancare e le sono subentrate le tre figlie. Queste ultime non hanno accettato l’eredità con beneficio di inventario, pertanto, il loro patrimonio si è “confuso” con quello della madre. Pertanto, la posizione di terzietà della madre è venuta meno così come la legittimazione all’opposizione ordinaria (ex art. 404 c. 1 c.p.c.).
-
«Qualora in un giudizio si sia verificata la morte di una parte e la decisione sia stata pronunciata a seguito di riassunzione nei confronti o con la costituzione degli eredi ad eccezione di uno di essi, che sia rimasto pretermesso, e questi abbia successivamente proposto opposizione ordinaria ai sensi dell'art. 404 c.p.c., comma 1, adducendo la sua legittimazione all'opposizione come litisconsorte necessario pretermesso dalla riassunzione, ove nel corso del giudizio di opposizione l'erede opponente deceda e gli altri eredi accettino la sua eredità senza beneficio di inventario, subentrando nella sua posizione processuale nel giudizio di opposizione di terzo (in cui siano stati già coinvolti come parti della sentenza opposta), la confusione delle loro rispettive posizioni sostanziali, siccome oggetto della decisione opposta, con quella del de cuius, determina la sopravvenuta carenza di interesse rispetto all'opposizione a suo tempo introdotta dal medesimo de cuius».
Conclusioni
All’esito di un articolato e complesso iter delibativo, la Corte rigetta il ricorso principale delle eredi e dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato della società creditrice[2].
Le ricorrenti principali vengono condannate a rimborsare alla società controricorrente le spese del giudizio di legittimità per l’importo di 8.200,00 euro oltre oneri.
[1] Tra le molte: “
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Cass., Sez. Un., 09/08/2018, n. 20685, punti 26 ss. delle ragioni della decisione;
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Cass., Sez. Un., 08/05/2017, n. 11141, p. 6 delle ragioni della decisione;
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Cass. 22/02/2016, n. 3432;
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Cass. 13/05/2014, n. 10327;
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Cass. 12/09/2011, n. 18635;
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Cass., Sez. Un., 19/07/2011, n. 15763;
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Cass. 21/02/2008, n. 4435”
[2] Il creditore, con ricorso incidentale condizionato, contesta la decisione gravata laddove ha ritenuto che sia le tre figlie sia la madre siano legittimate a proporre opposizione di terzo. Al contrario, il ricorrente sostiene che, in qualità di eredi e, quindi, successori a titolo universale, le stesse sono subentrate nella medesima posizione giuridica del de cuius, pertanto, risultano prive di legittimazione ad esperire l’opposizione di terzo.
Secondo la Corte, occorre distinguere le due “posizioni”.
- Se si considerano le ricorrenti in qualità di eredi del padre, il ricorso incidentale condizionato del creditore è inammissibile, atteso che la sentenza gravata ha escluso la legittimazione delle figlie all’opposizione di terzo, essendosi costituite in giudizio tramite l’institore e, quindi, non potevano essere considerate litisconsorti necessarie pretermesse.
- Invece, se si considerano le ricorrenti in qualità di eredi della madre, a sua volta coerede, il ricorso incidentale del creditore non può rigettarsi per infondatezza (vedasi il secondo principio di diritto).