Avvocato: anche la mera richiesta di CTU fa scattare il compenso per l’attività istruttoria
La richiesta di C.T.U. rientra a pieno titolo tra le attività istruttorie, per cui al legale dev’essere liquidato il relativo compenso anche se poi la consulenza non viene espletata.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, sez. VI civile, pronunciandosi con ordinanza 27 maggio - 16 giugno 2022, n. 19467 (testo in calce) sul ricorso proposto da un avvocato che, dopo aver patrocinato un cliente in una causa di mutuo, aveva agito in giudizio per ottenere il pagamento dei compensi, vedendosi però liquidare un importo nettamente inferiore a quanto richiesto.
Il Tribunale si era infatti limitato ad applicare i minimi tabellari e aveva escluso le spettanze dovute sia per la fase istruttoria che per quella decisoria, rilevando che la causa era documentale e la richiesta di C.T.U. avanzata dal legale era stata respinta.
In realtà - osservava quest’ultimo - la richiesta di consulenza tecnica era stata comunque formulata, era stata acquisita della documentazione e il giudizio era stato definito con sentenza, per cui avrebbe dovuto essergli liquidato il compenso per entrambe le fasi.
Peraltro esisteva una parcella trasmessa al cliente e da questi non contestata, che costituiva appunto prova delle singole attività svolte, giustificando l’accoglimento della domanda.
Le argomentazioni del ricorrente hanno convinto la Cassazione.
Gli Ermellini hanno osservato che il deposito documentale e la richiesta di C.T.U. rientrano infatti nell’ambito dell’elencazione, peraltro non tassativa, del Decreto Ministeriale del 2014 in materia di compensi.
Un’elencazione che comprende anche le semplici richieste di prova, gli atti necessari alla formazione della prova o del mezzo istruttorio (anche disposto d’ufficio) e le istanze al giudice proposte in qualsiasi forma, incluse appunto quelle finalizzate a disporre la C.T.U..
La Corte ha anche aggiunto che era indubbio che il procedimento si fosse concluso con sentenza, per cui il Tribunale non avrebbe potuto negare il compenso per quest’attività, essendo indiscusso che l’avvocato avesse patrocinato fino alla conclusione del processo.
Quanto alla congruità degli importi liquidati, la Corte ha tenuto però a precisare che la quantificazione del compenso è attività discrezionale del giudice di merito e non esige specifica motivazione: peraltro il giudice aveva dato conto del criterio adottato, valorizzando l’esito sfavorevole del giudizio e l’impegno profuso dal difensore.
Sulla scia di tali considerazioni la pronuncia è stata quindi cassata, rinviando al Tribunale per procedere ad una nuova liquidazione, riconoscendo il compenso anche per la fase istruttoria e quella decisoria.
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