Penale

L'Italia prepara il Codice dei Crimini internazionali

La Ministra della giustizia Marta Cartabia ha nominato la commissione ministeriale per portarne a compimento la codificazione entro il mese di maggio

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La Ministra della giustizia Marta Cartabia ha nominato la commissione ministeriale per portare a compimento, entro il mese di maggio, la codificazione italiana dei crimini internazionali. Perchè è un passaggio importante, sopratutto in questo momento storico.

Nel 1998 con lo Statuto di Roma, nasceva la Corte penale internazionale, il Tribunale internazionale permanente che ha il compito di perseguire e giudicare i crimini di guerra, i crimini contro l’umanità, il genocidio e il crimine di aggressione. Dopo ventiquattro anni dalla firma di quell’importante documento, e con lo scoppio del conflitto ucraino alle porte dell’Europa, l’Italia si è messa in moto per recepire ed adattare la materia dei crimini internazionali nel proprio diritto interno.

Con decreto del 22 marzo scorso, il Ministero della Giustizia ha istituto la commissione di esperti incaricata di elaborare un progetto di Codice dei Crimini internazionali. La commissione, composta di studiosi della materia, anche esterni all’Amministrazione, è presieduta da Francesco Palazzo, professore emerito di diritto penale all’Università di Firenze, e da Fausto Pocar, professore emerito di diritto internazionale presso l’Università di Milano. Gli esperti si metteranno al lavoro dal prossimo 31 marzo per consegnare il progetto di un nuovo codice entro la fine del mese di maggio.

L’adozione di un codice italiano dei crimini internazionali fa parte degli impegni assunti dal nostro Paese con la ratifica dello Statuto di Roma secondo il quale “è dovere di ciascuno Stato esercitare la propria giurisdizione penale nei confronti dei responsabili di crimini internazionali”.

Per comprendere l’importanza del passo che l’Italia si accinge a compiere, ricordiamo che la Corte penale internazionale ha il compito di giudicare i crimini commessi dagli individui e non dagli Stati. Il riconoscimento della responsabilità individuale dei soggetti che si macchiano di gravissimi crimini, ha lo scopo di evitare di assegnare colpe collettive o nazionali ad interi popoli per crimini decisi in realtà da gruppi o singoli individui che detengono il potere in un certo momento storico.

Per raggiungere pienamente l’obiettivo di individuare le responsabilità personali nella commissione di crimini internazionali è importante che ciascuno Stato collabori alla giurisdizione in questa delicata materia. È necessario ad esempio evitare che coloro che si trovano in posizioni apicali o che esercitano poteri decisionali all’interno dello Stato, possano godere dell’immunità quando si macchiano di questi gravissimi crimini. L’esistenza di una legislazione nazionale sui crimini internazionali produce inoltre un aumento dell’efficacia deterrente di queste norme penali, avvicina la giurisdizione ai colpevoli, e assicura l’esercizio obbligatorio dell’azione penale in caso di riconosciute violazioni.

Nello Statuto di Roma, il rapporto tra Stati Membri e Corte penale internazionale è regolato dal principio di complementarietà, in base al quale, nel rispetto delle sovranità dei singoli Stati, è data preminenza alle giurisdizioni nazionali, fintanto che non venga meno la loro capacità o la loro volontà di perseguire i crimini internazionali. Solo quando uno Stato nazionale non sia dotato di una legislazione interna sui crimini internazionali o quando esso rifiuti di collaborare proteggendo i responsabili, scatta l’intervento della Corte penale internazionale, che opera in funzione sussidiaria rispetto alla giurisdizione interna.

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