Responsabilità civile

Danno da buca stradale: ammissibile la testimonianza sulla dinamica

Sì alla domanda ''negativa''. Chiedere al testimone se una cosa reale fosse visibile o non visibile è una domanda che non richiede una ''valutazione'' (Cass. 35146/2021)

buca stradaleIn caso di sinistro provocato da una buca sul manto stradale, spetta al danneggiato provare il pregiudizio patito e il nesso causale tra le condizioni della strada e l’incidente. Tra i vari mezzi di prova, si può ricorrere alla testimonianza.

È possibile chiedere al teste se la buca non era visibile, formulando il capitolo di prova in negativo?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 18 novembre 2021 n. 35146 (testo in calce), chiarisce importanti aspetti sulla prova testimoniale. Innanzitutto, precisa che, in mancanza di altre prove, non si può negare rilevanza alla prova testimoniale avente ad oggetto la ricostruzione della dinamica del sinistro. Inoltre, secondo gli ermellini, è errata e illogica l’opinione secondo la quale i capitoli di prova devono essere formulati solo in positivo e, quindi, sono inammissibili formulazioni in negativo. Infatti, non esiste una norma di legge o un principio desumibile in via interpretativa che impedisca di provare per testimoni la circostanza che un fatto non sia accaduto (o non esista). In altre parole, la circostanza che il capitolo di prova sia formulato in negativo non lo rende, per ciò solo, inammissibile. Pertanto, è possibile chiedere al teste se la buca sulla strada non fosse visibile senza che la domanda sia considerata valutativa. Spetta, poi, al giudice di merito valutare se la risposta del teste si basi su percezioni sensoriali oggettive o su mere supposizioni.

Inoltre, la Corte ricorda che il giudizio di merito con cui venga accolta (o rigettata) un’istanza istruttoria è insindacabile in sede di legittimità. Tuttavia, esistono due gruppi di fattispecie in cui si può derogare a tale regola, ossia a) quando giudice di merito, decidendo sulla prova, abbia violato una regola processuale e b) quando la valutazione della prova sia viziata sul piano della logica.

Sommario

La vicenda

Una donna cadeva dal proprio motociclo a causa della presenza di varie buche, non visibili, presenti sulla strada. Ella pativa delle lesioni personali ed agiva in giudizio contro il Comune in qualità di custode e proprietario della strada, ai sensi dell’art. 2051 c.c. L’ente contestava la ricostruzione attorea e riteneva insussistente il nesso causale tra le condizioni del manto stradale e la caduta della donna. In primo e secondo grado, la domanda attorea veniva rigettata, confermando la mancata dimostrazione della connessione eziologica tra l’incidente e le condizioni della pubblica via. Si giunge così in Cassazione.

Rigetto di prove rilevanti e ammissibili: vizio di nullità della sentenza

La ricorrente lamenta un error in procedendo dal momento che il giudice del gravame non avrebbe ammesso prove rilevanti. La Suprema Corte sottolinea come la donna si dolga della circostanza che il giudice di merito abbia:

  • dapprima rigettato prove ammissibili e rilevanti,
  • e poi ritenuto la domanda non provata.

Ebbene, tale censura costituisce un vizio di nullità della sentenza per illogicità manifesta (Cass. Ord. 2904/2021; Cass. Ord. 17981/2020; Cass. Ord. 14155/2020). La ricorrente, invece, ha prospettato la violazione dell’art. 115 c.p.c. e non il vizio di nullità della pronuncia. L’errore nell’inquadramento della doglianza, però, non impedisce l’esame del motivo di ricorso. Infatti, nel caso in cui il ricorrente commetta un simile errore – ossia incorra nel vizio di sussunzione – il ricorso non è inammissibile se nel complesso della motivazione è individuabile in modo chiaro l’errore oggetto di censura (Cass. S.U. 17931/2013) come nel caso in esame.

Casi in cui è ammissibile il sindacato di legittimità

La Corte rileva come, di norma, il giudizio di merito con cui venga accolta (o rigettata) un’istanza istruttoria sia insindacabile in sede di legittimità atteso che si tratta di una scelta discrezionale riservata dal legislatore al giudice di merito (Cass. S.U. 1911/1963; Cass. 1253/1975; Cass. 1653/1971; Cass. 895/1970; Cass. 1501/1965).

Tale regola incontra dei temperamenti, infatti, esistono due gruppi di casi in cui il sindacato è ammissibile anche in Cassazione.

  1. Il primo gruppo riguarda l’ipotesi in cui il giudice di merito, decidendo sulla prova, abbia violato una regola processuale. Ad esempio, il sindacato in sede di legittimità è ammesso nel caso in cui il ricorrente alleghi che il giudice di merito abbia ritenuto vietata dalla legge una prova consentita, oppure abbia ammesso una prova vietata dalla legge (ad esempio, il divieto di provare per testi la proprietà delle cose pignorate da parte del terzo opponente, ex art. 621 c.p.c.)1.
  2. Il secondo gruppo riguarda i casi in cui il ricorrente ritenga che la valutazione della prova sia viziata sul piano della logica, in buona sostanza, la valutazione della prova, in relazione alle altre statuizioni, appare contraddittoria o arbitraria. Ciò accade “a) quando il giudice non prende nemmeno in considerazione le richieste istruttorie della parte, per poi rigettarne la domanda sul presupposto che non sia stata provata (Cass. 1039/1962); b) quando il giudice rigetti le richieste istruttorie senza motivazione alcuna, neanche implicita (Cass. 9120/2006); c) quando il giudice rigetti le uniche prove richieste reputandole superflue, senza però averne altre a disposizione (Cass. 11580/2005); d) quando il giudice rigetti le richieste istruttorie negandone l'"attitudine dimostrativa" ai fini del decidere, sebbene queste vertessero su circostanze decisive”.

Tutto ciò premesso, la Suprema Corte ritiene che la decisione impugnata sia incorsa in ambedue i vizi, ossia falsa applicazione della legge e vizio logico. Vediamo per quali ragioni.

Prova per testi: la domanda “negativa” è ammissibile

Tra i vari motivi di ricorso, la donna si duole del fatto che il giudice del gravame abbia ritenuto le prove testimoniali – tese a dimostrare il nesso di causalità tra le condizioni della strada e il danno – “generiche e valutative”. In particolare, il Tribunale aveva considerato inammissibile il seguente capitolo di prova:

  • vero che allo scattare del verde (semaforico) l'esponente riavviava la marcia, ma dopo pochi metri la ruota anteriore del motorino veniva intercettata da una buca non visibile sul manto stradale che causava lo sbandamento del mezzo e la successiva caduta a terra del motorino in prossimità della suddetta buca e della conducente stessa”.

Secondo il giudice di prime cure, la prova era inammissibile per via della formulazione negativa, della valutatività, dell’irrilevanza e della genericità.

Gli ermellini ricordano come non esista una norma di legge o un principio desumibile in via interpretativa che impedisca di provare per testimoni la circostanza che un fatto non sia accaduto o non esista (Cass. 19171/2019; Cass. 14854/2013; Cass. 384/2007; Cass. 5427/2002). L’opinione secondo cui il capitolo di prova testimoniale debba essere formulato in modo positivo è erronea in diritto e insostenibile sul piano logico.

Il teste può deporre su circostanze “cadenti sotto la comune percezione sensoria”

Nel caso in esame, la ricorrente aveva chiesto di provare per testi se fosse vero che la buca presente sulla strada “non era visibile”. La prova era stata ritenuta inammissibile anche perché formulata in negativo. Seguendo il percorso argomentativo del giudice di merito, quindi, la domanda da porre doveva essere declinata in positivo, ossia se la buca “era visibile”. In tal modo opinando, si fa dipendere l’ammissibilità della prova non da ciò che si intende provare ma dalla risposta attesa dal testimone. È di tutta evidenza come tale ricostruzione risulti illogica. Inoltre, è erroneo in punto di diritto considerare irrilevante – come ha fatto il giudice di merito – chiedere al testimone se abbia visto il ciclomotore cadere nella buca. Nella fattispecie oggetto di scrutinio, la danneggiata doveva dimostrare il nesso eziologico tra la cosa (la buca stradale) e il danno (le lesioni subite); pertanto, era fondamentale ricostruire la dinamica del sinistro. È parimenti illogico definire come generica e valutativa la richiesta di provare per testi che il ciclomotore sia caduto nella buca.

Un’istanza istruttoria è valutativa solo se sollecita il testimone a fornire un giudizio, tuttavia, «riferire se un oggetto reale fosse visibile o non visibile non è un giudizio, è una percezione sensoriale». La giurisprudenza è costante nel ritenere che i testi possono essere ammessi a deporre su circostanze che cadono “sotto la comune percezione sensoria”, mentre non possono esprimere giudizi di natura tecnica (Cass. 575/1962; Cass. 58/1969; Cass. 4120/1974).

Riassumendo, il testimone non può essere chiamato a fornire:

  • un’interpretazione dei fatti, oppure
  • una qualificazione dei fatti, oppure
  • un apprezzamento tecnico o giuridico dei fatti.

Quanto sopra non significa che il testimone «non possa esprimere anche il convincimento che del fatto, e delle sue modalità, sia derivato al teste per sua stessa percezione» (Cass. 2393/1971; Cass. 5322/1980).

La buca non è visibile? La domanda postula una percezione, non una valutazione

In determinati casi, il testimone può esprimere dei giudizi se questi sono inscindibili dalla percezione del fatto storico. In applicazione di tale assunto, la Corte ha ritenuto ammissibile:

  • in una controversia di lavoro, il capitolo di prova in cui si chiedeva al teste se le mansioni svolte dal lavoratore fossero (o meno) "semplici e ripetitive" (Cass. 5227/2001);
  • in un giudizio di inibitoria di immissioni intollerabili, la richiesta al testimone se un rumore fosse udibile dall'interno di un appartamento con le finestre chiuse (Cass. 2166/2006);
  • in un giudizio di risarcimento del danno per cose in custodia (ex art. 2051 c.c.), la domanda al testimone se un pavimento fosse scivoloso o meno (Cass. 9526/2009);
  • in un giudizio di usucapione, chiedere al testimone se l'attore avesse "posseduto in modo esclusivo, pacifico e continuato" il bene oggetto della contesa (Cass. 22720/2014).

Torniamo alla fattispecie che ci occupa.

Chiedere se una buca non fosse visibile non costituisce né un apprezzamento tecnico-giuridico né un’interpretazione soggettiva. Si tratta del convincimento maturato dal teste in base alla sua percezione. Concludendo, «al testimone dunque, potrà sempre chiedersi se sia vero che una buca sulla strada non era visibile, salvo escludere la rilevanza della prova se questi, ad esempio, rispondesse che la buca non era visibile perché "così mi è parso"».

Conclusioni: i principi di diritto

La Suprema Corte, con una motivazione estremamente chiara e articolata, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello che dovrà attenersi ai seguenti principi di diritto:

A) «La circostanza che un capitolo di prova per testimoni sia formulato sotto forma di interrogazione negativa non costituisce, di per sé, causa di inammissibilità della richiesta istruttoria.

B) Nel giudizio avente ad oggetto una domanda di risarcimento del danno causato da un evento della circolazione stradale, in mancanza di altre e decisive prove, non può di norma negarsi rilevanza alla prova testimoniale intesa a ricostruire la dinamica dell'evento.

C) Chiedere ad un testimone se una cosa reale fosse visibile o non visibile è una domanda che non ha ad oggetto una "valutazione", ed è dunque ammissibile; fermo restando il potere-dovere del Giudice di valutare, ex post, se la risposta fornita si basi su percezioni sensoriali oggettive o su mere supposizioni.

D) Costituisce vizio di nullità della sentenza la decisione con cui la domanda venga rigettata per detto di prova, dopo che erano state rigettate le istanze istruttorie formulate dall'attore ed intese a dimostrare il fatto costitutivo della pretesa».

CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA N. 35146/2021>> SCARICA IL PDF

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[1] La pronuncia indica altre ipotesi in cui è ammissibile il sindacato di legittimità se il giudice di merito, decidendo sulla prova, abbia violato una regola processuale. Ad esempio quando:

  • il ricorrente alleghi il c.d. "vizio di attività", consistente nella mancata ammissione di mezzi di prova diretti a dimostrare punti decisivi della controversia, e cioè fatti e situazioni che, se accertati, avrebbero l'effetto ex se di determinare una statuizione diversa da quella impugnata (Cass. 13556/2006; Cass. 410/1969);
  • il ricorrente alleghi l'erroneità del giudizio di "indispensabilità" della prova ex art. 345 c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche di cui all’art. 54 d. l. 83/2012, comma 1, lett. (b), (Cass. 1277/2016; Cass. 14098/2009);
  • il ricorrente alleghi l'erroneità del giudizio con cui è stato ritenuto sussistente od insussistente un interesse giuridicamente rilevante del testimone all'esito del giudizio, ai fini della valutazione di incapacità a deporre (Cass. 20731/2007)”.

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