IP, IT e Data protection

L'esigenza di uno statuto privacy del contribuente

Profili giuridici del complesso equilibrio tra riservatezza e lotta all’evasione

Gli enti preposti alla gestione dell’imposizione tributaria e alla riscossione, raccolgono e conservano grosse quantità di dati di soggetti ed imprese. Inoltre, con la crescita smisurata dei sistemi di intelligenza artificiale, è sempre più necessario tutelare sia il contribuente che la “fisiologia” dei rapporti tra quest’ultimo e il fisco. Si tratta cioè di consentire allo Stato esattore di svolgere le proprie funzioni senza compromettere eccessivamente diritti meritevoli di tutela.

Quando si parla di privacy occorre infatti tenere fermo il principio secondo il quale la riservatezza è un diritto fondamentale. Benché quest’ultimo venga spesso sfruttato dagli evasori per tentare di celare le proprie condotte illecite, chiunque voglia provare a stilare uno statuto a tutela della privacy dei contribuenti, non può prescindere da questo punto di partenza. In buona sostanza, si tratta ancora una volta del bilanciamento tra diritti, indispensabile per evitare di dover compiere la dura scelta tra la paralisi dell’ordinamento e l’eccessiva compressione di un interesse primario rispetto ad un altro.

Per questi motivi è fondamentale comprendere il principio su cui poggia il rapporto Stato - contribuente, nonché i riferimenti normativi sulla privacy del contribuente.

Sommario

  1. L’equilibrio necessario tra Stato - erario e diritti del contribuente
  2. I riferimenti normativi della privacy tributaria
  3. Conclusioni

privacy e tasse

1. L’equilibrio necessario tra Stato - erario e diritti del contribuente

Sul tema in esame, un punto di partenza utile a comprenderne gli equilibri, può essere rappresentato da una recente pronuncia della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), la quale con la sentenza n. 36345/16 del 12 gennaio 2021 ha dichiarato legittima la diffusione di informazioni negative sul conto degli evasori, poiché - in ragione del contemperamento degli interessi in gioco - è naturale che quello pubblico alla trasparenza dell’affidabilità economica prevalga su quello individuale alla riservatezza. Inoltre, tale stratagemma, oltre a fissare un criterio di priorità, può fungere da deterrente e scongiurare ulteriori condotte lesive ai danni della legge tributaria. Come spesso accade, l’utilizzo di un diritto come forma di copertura per il compimento di condotte illecite tende a far pendere la bilancia verso l’altro diritto oggetto di bilanciamento, a maggior ragione se quest’ultimo è posto a presidio della collettività.

A parziale conferma di quanto si scrive, ci sono anche altri orientamenti che confermano questa volontà di arginare coloro che adducendo motivazioni legate alla riservatezza, provano ad aggirare gli obblighi di legge.

L'adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 19/2020, ha affermato che l'Agenzia delle Entrate può dare copia delle informazioni tributarie al coniuge coinvolto in una causa di separazione richiamando le generiche norme legate all'accesso agli atti amministrativi ex art. 22 della L. n. 241/1990. Pertanto, il coniuge che ha diritto al mantenimento - o a non doverlo corrispondere - non può essere “bloccato” dall’altro coniuge utilizzando, come giustificazione, ragioni legate alla tutela della privacy.

Questo dato mostra come si possa propendere verso una compressione della riservatezza finalizzata alla tutela di determinati interessi. Ciononostante, è altrettanto necessario stabilire come e a quali condizioni è possibile trattare i dati del contribuente e quali misure di sicurezza di natura tecnica e organizzativa ex. art. 32 GDPR dovrebbero essere predisposte. È di tutta evidenza, però, che la base giuridica del trattamento non avviene sul piano contrattuale o sul libero consenso del contribuente, bensì sulla ragione del compito istituzionale di interesse pubblico, fermo restando che la finalità pubblica non possa costituire un passe-partout.

2. I riferimenti normativi della privacy tributaria

Con riferimento alla privacy tributaria, non mancano riferimenti espliciti nel Regolamento UE 679/2016 (GDPR) e nel Codice Privacy come novellato dal D.Lgs. n. 101/2018.

Un’indicazione fondamentale arriva soprattutto dall’art. 23 GDPR, laddove stabilisce un limite all'esercizio dei diritti degli interessati per ragioni di interesse tributario. Ma non solo.

Il Considerando n. 71 GDPR attesta la possibilità di adottare decisioni sulla base di algoritmi - trattamento interamente automatizzato - se questo è espressamente previsto dal diritto comunitario o dal diritto dello Stato membro di cui fa parte il titolare del trattamento. Ciò interessa precipuamente nella parte che riguarda il monitoraggio automatizzato e la prevenzione dell'evasione fiscale. D’altra parte, il Considerando 112 GDPR in materia di flusso transnazionale di dati, prevede la possibilità di trasferimento all’estero degli stessi, qualora ciò sia necessario per scopi di pubblico interesse come ad esempio lo scambio internazionale di dati tra autorità di controllo quali le amministrazioni competenti in ambito fiscale.

Venendo invece ai riferimenti contenuti nel Codice Privacy, l’articolo 2-sexies considera espressamente di interesse pubblico il trattamento effettuato da soggetti pubblici in applicazione di disposizioni in materia tributaria e doganale, compresi i trattamenti volti a contrastare l'evasione fiscale. L'articolo 2-undecies, invece, interviene sul tema centrale del bilanciamento degli interessi in materia tributaria, stabilendo che i diritti di cui agli artt. 15 e 22 GDPR non possono essere esercitati - con richiesta al titolare del trattamento ovvero con reclamo ai sensi dell’art. 77 - qualora l'esercizio di tali diritti possa arrecare un pregiudizio all'interesse pubblico di lotta all’evasione. Si tratta cioè di una limitazione ai diritti dell’individuo imposta in nome dell’esercizio di una funzione pubblica.

Al di là del dato normativo, ed a conferma del fatto che sia necessario uno statuto sulla privacy del contribuente, anche il Garante è più volte intervenuto sul tema della riservatezza di tale categoria di interessati. A titolo esemplificativo ma non esaustivo, l’Autorità si è pronunciata su innumerevoli questioni complesse, quali le comunicazioni all'anagrafe tributaria, la dichiarazione dei redditi pre compilata, i controlli antievasione o l’utilizzo dei dati derivanti dallo scambio automatico di autorità fiscali in materia di fatturazione elettronica.

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3. Conclusioni

Come è evidente, la materia è complessa ed essenzialmente basata sul bilanciamento di diversi interessi, compito, quest’ultimo, spesso non semplice.

In particolare, la tutela di un interesse collettivo quale l’affidabilità economica di un soggetto o la lotta all’evasione - specialmente in virtù della loro incidenza sui soggetti facenti parte di una collettività determinata - può giustificare, talvolta, la compressione di un altro diritto fondamentale quale la privacy. Su questo, i dati normativi e giurisprudenziali sembrano piuttosto chiari. Ciononostante, quando si parla di limitare un diritto, occorre essere cauti e soprattutto sostenuti da un insieme di regole che possano guidare gli addetti ai lavori.

In questo risiede la necessità di uno statuto - ossia un corpus normativo - che serva in primo luogo da strumento di riordino della materia, ed in secondo luogo da “garanzia” nei rapporti tra il fisco e il contribuente, con il compito fondamentale di stabilire dei limiti precisi alla compressione della privacy in determinate circostanze che la rendono indispensabile, senza però pregiudicarla, consentendo al contempo il corretto svolgimento delle funzioni istituzionali di carattere tributario.

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