Responsabilità civile

Contratto di spedizione e di trasporto: assenza di tutela per il soggetto danneggiato

Un vuoto normativo non ancora risolto

contratto di spedizioneÈ usuale che, per organizzare l’invio di merci da uno stato all’altro, ci si rivolga - anche considerando le operazioni doganali del caso - ad uno spedizioniere.

La figura dello spedizioniere nasce nell’alveo della disciplina del mandato, la cui disciplina gli è infatti applicabile, per poi assurgere, proprio in virtù della sua specializzazione e dell’evidente rilevanza concreta a istituto specifico.

Il codice civile italiano infatti gli dedica l’articolo 1737 c.c. e seguenti.

Nella nozione di spedizioniere si legge esplicitamente che questo ha quale obbligo contrattuale quello di concludere per conto del mandante contratti di trasporto ed e operazioni accessorie.

La caratteristica tradizionale della figura dello spedizioniere è che esso agisce in nome proprio ma per conto del mandante.

Ciò significa che, nel contratto di trasporto, avremmo quali parti contrattuali unicamente lo spedizioniere (e dunque non il reale mittente/destinatario) e il vettore.

Può succedere - anzi spesso succede - che durante il trasporto le merci vadano perdute o si danneggino.

A quel punto spetta all’avente diritto ovvero il danneggiato (spesso il proprietario delle merci) un legittimo risarcimento.

Ma cosa succede quando esso, proprio perché è intervenuto il servizio di uno spedizioniere, non è parte del contratto con il vettore?

Secondo la giurisprudenza infatti il committente non ha alcuna legittimazione ad agire contro il vettore per il risarcimento: “Nell'ipotesi di inadempimento per mancata esecuzione di un contratto di trasporto marittimo stipulato dallo spedizioniere, non è ammessa la legittimazione ad agire del mittente nei confronti del vettore, non essendo intercorso tra i due soggetti alcun rapporto”. (Corte appello, Roma, 31/10/2000).

La cosa più logica per garantire tutela sarebbe riconducibile a tre ipotesi:

  1. attribuire all’avente diritto il potere di agire contro il vettore facendo valere la propria qualifica sostanziale al mittente/destinatario reale;
  2. attribuire al mittente /destinatario reale ma non parte del contratto di trasporto, di agire contro lo spedizioniere per ottenere il risarcimento, che a sua volta potrà agire eventualmente in rivalsa nei confronti del vettore;
  3. ritenere che lo spedizioniere con il proprio operato si assume anche l’onere di proporre un’azione contro il trasportatore.
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La prima ipotesi sembrerebbe fattile partendo dal tenore letterale del secondo comma dell’art. 1705 c.c. quando prevede che “I terzi non hanno alcun rapporto col mandante. Tuttavia il mandante, sostituendosi al mandatario, può esercitare i diritti di credito derivanti dall'esecuzione del mandato, salvo che ciò possa pregiudicare i diritti attribuiti al mandatario dalle disposizioni degli articoli che seguono”.

Tuttavia l’utilizzo di quest’appiglio normativo per conferire tutela al proprietario delle merci è stato escluso dalla giurisprudenza che ha infatti precisato come: “Nel contratto di trasporto stipulato tramite uno spedizioniere, il mittente non è legittimato ad agire contro il vettore per il risarcimento dei danni derivatigli dalla mancata esecuzione del contratto di trasporto, perché il secondo comma dell'art. 1705 c.c. limita la legittimazione alle sole azioni dirette al soddisfacimento dei «diritti di credito derivanti dall'esercizio del mandato», fra le quali non rientrano le azioni di risarcimento danni. Resta salva la possibilità di agire contro lo spedizioniere, tenuto a eseguire il mandato con la diligenza del buon padre di famiglia”. (Cassazione civile, sez. III, 21/01/2005, n. 1312, conforme: Cassazione civile sez. III, 08/06/2007, n.13375, Cassazione civile sez. III 25 agosto 2006, n. 18512; Tribunale Bolzano, 7 gennaio 2009).

Vista l’impossibilità di rivolgersi al vettore, sembrerebbe quindi confermata - per esclusione - la possibilità di agire per il risarcimento dell’ingiusto danno allo spedizioniere, come da ipotesi sub. b).

Ma anche in questo caso la giurisprudenza è molto chiara nel ritenere che “in carenza di prova di una diversa volontà negoziale delle parti, il contratto de quo deve essere qualificato, dunque, quale contratto tipico di spedizione ex art. 1737 c.c., con conseguente assunzione da parte dello spedizioniere convenuto delle (sole) obbligazioni di cui all’art.1739 c.c. ed esclusione di ogni riferibilità al medesimo della responsabilità del vettore ex art. 1693 c.c.” (Tribunale Ordinario di Bologna - Seconda Sezione Civile, Sentenza 22 dicembre 2016, n. 3145).

Quindi sostanzialmente non è possibile agire contro lo spedizioniere facendo valere la responsabilità che è propria del vettore e utilizzando tutti quegli strumenti specifici previsti, primo fra tutti la presunzione di responsabilità ex art 1693 c.c.

La responsabilità dello spedizioniere è diversa e molto più limitata rispetto quella gravante sul vettore.

La stessa va infatti ricondotta, come del resto tutta la disciplina specifica, a quella più generale della responsabilità del mandato, ai sensi dell'art. 1715: "In mancanza di patto contrario, il mandatario che agisce in proprio nome non risponde verso il mandante dell'adempimento delle obbligazioni assunte dalle persone con le quali ha contrattato, tranne il caso che l'insolvenza di queste gli fosse, o dovesse essergli nota all'atto della conclusione del contratto

Lo spedizioniere infatti – salva l’ipotesi di spedizioniere-vettore ex art. 1741 cod. civ. – può risultare responsabile generalmente in due casi:

  • per inadempimento all’obbligo di concludere il contratto di trasporto;
  • per culpa in eligendo” cioè quando, con negligenza, sceglie un vettore inaffidabile.

Ma in dette categorie può non rientrare il danno e la perdita delle merci durante il trasporto.

Pertanto l’impasse in cui si trova l’avente diritto al risarcimento per il danneggiamento delle proprie merci durante il trasporto rimane.

Non resterebbe quindi che l’ipotesi sub. c) ovvero ritenere parte del mandato dello spedizioniere l’onere di proporre sempre per conto del mandante ma in nome proprio un’azione contro il vettore nel caso di danni e perdite delle merci affidategli.

L’appiglio normativo su cui basare detta azione è rintracciabile nell’art 1718 c.c. dove è espressamente previsto che “Il mandatario deve provvedere alla custodia delle cose che gli sono state spedite per conto del mandante e tutelare i diritti di quest'ultimo di fronte al vettore, se le cose presentano segni di deterioramento o sono giunte con ritardo”.

Detto articolo onera lo spedizioniere ad agire in tutela dei diritti del mandante verso il vettore.

Anche in questo caso però l’applicazione è ristretta, solo con riguardo “alle cose che siano state spedite ad esso mandatario nell'ambito di affare da lui concluso per conto del mandante, ovvero a cose per le quali abbia comunque la qualità di destinatario, in relazione a spedizione fattagli dal mandante per rendere possibile l'esecuzione del mandato, o da terzi per conto del mandante”. (Cassazione civile, Sez. I, sentenza n. 89 del 11 gennaio 1978).

La Suprema Corte sembra aprire uno spiraglio ad una piena tutela contro il vettore quando ha stabilito che “Lo spedizioniere, in quanto mandatario senza rappresentanza del committente, acquista i diritti e assume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi ex art. 1705 c.c. e quindi ove abbia concluso in nome proprio e per conto del mandante un contratto per l’esecuzione di una fase del trasporto, non può pretendere che, verificatesi delle anomalie nella sua esecuzione, sia il committente ad agire nei confronti dell’ausiliario”. (Cassazione civile sez. III 28 febbraio 2011 n. 4928).

Sulla base di detta sentenza, quindi, lo spedizioniere deve – poiché incluso ex lege nel suo mandato – agire contro il vettore e tutelarlo contro il vettore da lui prescelto e che è responsabile del danno cagionato.

Ma la legittimazione a proporre domande risarcitorie nei confronti del vettore spetta indistintamente al mittente o al destinatario, ex art 1689 c.c., a seconda che il pregiudizio derivante dal danneggiamento e perdita della merce incida su patrimonio dell’uno o dell’altro (si veda in merito: Tribunale Milano sez. XI 25/02/2019 n. 1876).

Quindi il presupposto per l’azione è dimostrare di aver subito – personalmente – un danno.

Lo spedizioniere che agisce contro il vettore per conto del reale avente diritto però non ha – ne può provare di aver – subito alcun danno. 

Come superare l’assenza del presupposto dell’azione? Ma con una cessione! No, neanche questo è logicamente fattibile: “Poiché il mandante dello spedizioniere non può agire ex contractu nei confronti del vettore, non sussiste la legittimazione dello spedizioniere il quale agisce in giudizio nei confronti del vettore quale cessionario dei diritti del suo mandante” (Tribunale, Tortona, 27/04/2010).

Cosa rimane quindi all’avente diritto?

Per tutto quanto sopra esposto, è evidente, che il proprietario delle merci trasportate che si sia affidato ad uno spedizioniere, si trovi spesso inerme di fronte all’impossibilità (o quanto meno alla seria difficoltà) di veder riconosciuto il proprio diritto al risarcimento dal soggetto responsabile (vettore) e dal soggetto a cui si è affidato (spedizioniere), facendo emergere un diritto frustrato, un vuoto normativo e un’assenza di tutela intollerabile ed inammissibile in uno stato di diritto.

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