Responsabilità civile

Macchia d’olio sulla strada: l’onere probatorio incombe sul Comune?

Cassazione civile, sez. III, sentenza 15/03/2019 n° 7361

Nel caso di un incidente stradale causato dalla presenza di una macchia d’olio sull’asfalto, spetta al Comune dimostrare il caso fortuito, ossia che la macchia oleosa si sia formata poco prima del sinistro e non fosse né prevedibile né evitabile. In buona sostanza, compete al custode la prova liberatoria, ossia la dimostrazione dell’estraneità dell’evento alla sua sfera, allegando elementi, anche presuntivi, a supporto del caso fortuito.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7361 del 15 marzo 2019.

Sommario
La vicenda
La norma di riferimento: art. 2051 c.c.
Beni demaniali e responsabilità dell’ente
Le strade ed il dovere di custodia dell’ente proprietario
Riparto dell’onere probatorio
La prova liberatoria: il caso fortuito
Presenza della macchia d’olio: recente o risalente
Conclusioni

La vicenda

Un motociclista riportava danni personali e materiali a causa della caduta provocata da una macchia d’olio insistente sulla sede stradale. Agiva, quindi, in giudizio contro il Comune al fine di ottenere il risarcimento del danno. In primo grado, la domanda veniva rigettata e la fattispecie qualificata ai sensi dell’art. 2043 c.c. In appello, la decisione veniva confermata, ma i giudici riconducevano la vicenda nell’alveo dell’art. 2051 c.c. e ritenevano provato il caso fortuito; infatti, la macchia d’olio si trovava sull’asfalto da poco tempo e l’ente non aveva avuto modo di rimuoverla con tempestività. Il motociclista contesta tale ricostruzione e ricorre in Cassazione. 

La norma di riferimento: art. 2051 c.c.

La giurisprudenza riconduce alla responsabilità da cosa in custodia i danni provocati dai beni demaniali, come le strade.  Ancora una volta, la Corte ribadisce che l’art. 2051 c.c. rappresenta una forma di responsabilità oggettiva, il cui accertamento prescinde dalla dimostrazione della colpa di chi ha il governo della res, infatti, «il custode negligente non risponde in modo diverso dal custode perito e prudente se la cosa ha provocato danni a terzi» (Cass. 15383/2006). Allorché il danneggiato abbia dimostrato la sussistenza del nesso causale tra la cosa ed il danno, «compete al custode la prova liberatoria, ossia la dimostrazione della estraneità dell’evento alla sua sfera, allegando elementi, anche presuntivi, a supporto del caso fortuito». La prova liberatoria, quindi, non coincide con la dimostrazione dell’assenza di colpa, ma postula l’allegazione di un elemento esterno al rapporto tra custode e res custodita, che incida autonomamente sul nesso eziologico. Ricordiamo che il fatto estraneo alla condotta dell’agente, idoneo ad interrompere il nesso causale, coincide con il fatto naturale, il fatto del terzo e il fatto dello stesso danneggiato.

Prima di addentrarci nella decisione oggetto di scrutinio, analizziamo gli obblighi della pubblica amministrazione, in qualità di custode.

Beni demaniali e responsabilità dell’ente

La giurisprudenza in materia di obbligo di custodia in capo alla pubblica amministrazione sulle strade aperte al pubblico transito[1] esclude la responsabilità dell’ente soltanto qualora si sia verificata un’alterazione imprevedibile e non tempestivamente eliminabile dello stato della cosa custodita (Cass. 8157/2009; Cass. 24419/2009; Cass. 15389/2011; Cass. 21508/2011; Cass. 8935/2013). La prova dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità dell’insidia o della condotta tenuta dal custode gravano sul custode stesso, il quale deve provare di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire il danno (Cass. 11802/2016). L’ente proprietario della strada ha l’obbligo di provvedere alla relativa manutenzione, nonché di prevenire e segnalare qualsiasi situazione di pericolo o di insidia (Cass. 18325/2018). La responsabilità è esclusa se l’evento sia cagionato da cause estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione (Cass. 6101/2013; Cass. 6703/2018).

Le strade ed il dovere di custodia dell’ente proprietario

L’obbligo di vigilanza postula che il custode sia edotto degli eventi pericolosi che coinvolgono il bene custodito. Infatti, l’attività custodiale consiste anche nella prevenzione, pertanto su chi ha il governo della cosa grava l’obbligo di predisporre quanto è necessario per prevenire danni eziologicamente connessi alla res custodita. Il Comune, in qualità di ente proprietario della strada, deve eliminare gli elementi pericolosi, non prevedibili, ma verificatisi in concreto (come la macchia oleosa o la cera sulla strada – Cass. 1725/2019). La responsabilità è esclusa solo nel caso in cui l’ente non abbia avuto tempo sufficiente a neutralizzare l’imprevisto (ossia ad eliminare la macchia d’olio), intervenendo, in tale circostanza, il caso fortuito. Il concetto di prevedibilità è legato a quello di conoscibilità; l’obbligo del custode di prevedere lo stato del bene (ad esempio, la condizione della strada) dipende dalla conoscenza che questi abbia del potenziale pericolo. Nel caso che ci occupa, non è stato dimostrato da quanto tempo l’olio giacesse sulla strada e, quindi, se il Comune abbia o meno violato l’obbligo di vigilanza, che gli avrebbe imposto di agire, al fine di prevenire eventuali pericoli. Secondo la Cassazione, spetta all’ente dimostrare che la presenza del materiale vischioso sul manto stradale, non visibile e non segnalato, sia dipesa da una causa estemporanea, non eliminabile con immediatezza. (Cass. 6703/2018; Cass. 9631/2018).

Riparto dell’onere probatorio

Il ricorrente ritiene che la sentenza gravata abbia disatteso la regola probatoria posta alla base dell’art. 2051 c.c.: una volta che il danneggiato abbia dimostrato il nesso causale tra la cosa (macchia d’olio) ed il danno, compete al custode (ossia al Comune) fornire la prova liberatoria del caso fortuito. Per contro, il giudice di merito ha ritenuto che la macchia d’olio integrasse, di per sé, il caso fortuito senza pretenderne la prova da parte dell’ente comunale.

I giudici di legittimità ricordano che l’art. 2051 richiede:

  • a prova del nesso eziologico tra cosa custodita e danno, da parte del danneggiato;
  • la prova dell’interruzione del nesso causale ad opera del caso fortuito, da parte del custode.

La Corte ritiene fondata la doglianza del ricorrente, perché la sentenza impugnata ha ignorato la regola di riparto dell’onere probatorio dettata dall’art. 2051 c.c. ed il Comune non ha fornito la prova del caso fortuito. 

La prova liberatoria: il caso fortuito

Il caso fortuito è ciò che non può prevedersi (fortuitus casus est qui nullo humano consilio praevideri potest); è costituito da eventi che interrompono la serie causale e che consistono in condotte di terzi o del danneggiato, purché non siano conoscibili né eliminabili con immediatezza. In altre parole, la condotta del terzo, di per sé sola, non è sufficiente a spezzare il nesso eziologico, ma occorre che sia connotata da caratteristiche di imprevedibilità e non conoscibilità. Ad esempio, in una recente pronuncia (Cass. 1725/2019), non si è considerato come rientrante nel fortuitus casus la condotta dei fedeli che, durante una processione, a causa delle fiaccole, avevano lasciato della cera sul manto stradale, provocando la caduta di un motociclista. Infatti, la circostanza che dalle fiaccole coli la cera, è prevedibile, pertanto, la prevenzione della conseguenza pregiudizievole rientra appieno nell’attività di custodia. Il custode non deve solo vigilare su quanto già accaduto, ma anche su ciò che è prevedibile. Al lume di ciò, secondo la Cassazione, rientra nel caso fortuito “quel che è impossibile vigilare”; infatti, «vigilanza non è soltanto conoscere il presente, ma anche trarne le conseguenze per il futuro; non è quindi solo accertare e rimediare, ma anche prevedere e prevenire» (Cass. 1725/2019).

Analizziamo di seguito il rapporto tra la presenza di una macchia d’olio sulla strada ed il caso fortuito.

Presenza della macchia d’olio: recente o risalente

Nel caso in esame, i giudici di merito hanno ritenuto non sussistente la dimostrazione che la sostanza oleosa fosse presente sul manto stradale da un certo tempo. Il danneggiato, secondo il loro percorso argomentativo, avrebbe dovuto allegare che la macchia oleosa si trovasse sulla strada da un lasso di tempo sufficiente a consentire al Comune di intervenire per rimuoverla. Secondo gli Ermellini, invece, la prospettiva va capovolta, ovverosia non bisogna dimostrare che la macchia fosse precedente, ma recente. Infatti:

-sostenere che la macchia sia risalente nel tempo, equivale a provare che vi fosse da tanto e una tale circostanza depone a favore del danneggiato, pertanto la prova è a suo carico;

-invece, affermare che la macchia sia recente, significa chiedere la prova del caso fortuito, (ossia dell’impossibilità di evitare l’evento, dato il breve lasso di tempo a disposizione del Comune per eliminarla), quindi grava sul custode.

Pertanto, quando i giudici di merito hanno ritenuto non provata la presenza della macchia oleosa da tempo, hanno invertito l’onere della prova, giacché ciò che andava provato era il contrario, ossia che la macchia fosse di recente formazione. La circostanza che la macchia si fosse formata da poco, non permette al custode della strada la possibilità di evitare l’incidente, che diviene imprevedibile ed inevitabile, secondo lo schema del caso fortuito. La Corte d’Appello, quindi, doveva chiedersi se vi fossero prove che la macchia fosse recente, non già presumere che lo fosse, per difetto di prove del contrario.

Conclusioni

Secondo il percorso delibativo seguito dai giudici di legittimità, il Comune, in qualità di ente proprietario della strada e di custode, doveva provare che la macchia d’olio fosse talmente recente rispetto all’incidente da non poter evitare che accadesse. È pur vero che la presenza di olio sulla strada non è conoscibile con immediatezza da parte del custode, nondimeno tale circostanza non è in re ipsa, ma va dimostrata dall’ente proprietario della strada, anche a mezzo di elementi presuntivi che provino l’impossibilità di un intervento tempestivo atto ad evitare l’incidente. Secondo la Cassazione: «la prova della presenza recente di una macchia d’olio, non prevedibile e dunque non evitabile da parte del Comune a cagione del fatto di essersi formata poco prima dell’incidente, in quanto prova di un fatto esterno al rapporto tra il custode e la cosa, e come tale in grado di costituire da solo causa del danno, grava sul custode medesimo, ossia sull’ente comunale che deve allegare elementi, anche semplicemente fonti di presunzioni, tali da consentire di affermare l’incidenza del fortuito nella causazione dell’evento». In ragione di ciò, la Corte accoglie il ricorso presentato dal motociclista e rinvia alla Corte d’Appello in diversa composizione che dovrà attenersi al principio di diritto di cui sopra.

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(Altalex, 15 maggio 2019. Nota di Marcella Ferrari)

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[1] Per completezza, preme segnalare che il Codice della Strada prevede in capo all’ente proprietario del bene l’obbligo di mantenerlo in buone condizioni, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione; l’ente deve occuparsi della manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi; del controllo tecnico della loro efficienza, oltre all’apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta (art. 14 codice della strada). Tale obbligo è, altresì, previsto per i Comuni dall'art. 5 R.D. 15 novembre 1923, n. 2506.

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