Caso Cermis: Usa immuni dalla giurisdizione italiana
Corte di cassazione
Sezioni unite civili
Sentenza 3 agosto 2000, n. 530
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Con atto di citazione notificato il 13 luglio 1998 la Federazione italiana lavoratori trasporto della provincia di Trento - aderente alla Confederazione generale italiana del lavoro - (in breve Filt-Cgil - Trento) nonché Sergio Mattivi, Ferruccio Demadonna, Giorgio Santoni e Fulvio Fiammini hanno convenuto in giudizio davanti al tribunale di Trento, gli Stati Uniti d'America.
In quell'atto, gli attori hanno dedotto che in forza del Trattato del Nord Atlantico stipulato a Washington il 4 aprile 1949 (reso esecutivo in Italia con legge 1 agosto 1949 n. 465) e delle successive Convenzioni attuative, lo Stato convenuto ha il diritto di insediare nell'Italia del Nord propri contingenti armati, tra i quali velivoli da combattimento; che questi velivoli compiono voli di addestramento interessanti i cieli della provincia autonoma di Trento, con frequenza quasi quotidiana; che quei voli comportano il sorvolo - a quota prossima ai 100 metri di altezza - di centri abitati, zone turistiche, campagne, strade, impianti di trasporto su strada, a rotaia ed a fune; e che siffatti voli hanno già cagionato numerosi incidenti, anche mortali, e sono comunque idonei a porre in pericolo la vita, l'incolumità personale e la salute degli individui che prestano la loro attività lavorativa nella provincia di Trento.
Ciò premesso in fatto, gli attori hanno sostenuto che l'interesse dell'uomo alla vita, alla salute ed all'incolumità personale assurge al rango di un vero e proprio diritto della persona, inviolabile, indisponibile, imprescrittibile ed assoluto, il che comporta che la sua tutela prescinde dalla sussistenza di un fatto concretamente lesivo. Hanno soggiunto che tale costruzione giuridica trova il proprio fondamento positivo nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo approvata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici aperto alla firma a New York il 19 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977 n. 881, e negli articoli 2 e 32 della Costituzione italiana.
Ne hanno tratto che, in presenza di un siffatto ordinamento internazionale e nazionale, si deve necessariamente riconoscere, per un verso, il diritto dei singoli individui (e delle organizzazioni sindacali che di essi sono soggetti esponenziali) ad agire in giudizio al fine della tutela, anche in via preventiva, del diritto in questione; e, per altro verso, la sussistenza della giurisdizione del giudice italiano in ordine alle relative azioni.
Pertanto, hanno chiesto al tribunale adito: a) di accertare e dichiarare che «l'attività di addestramento svolta da velivoli da guerra appartenenti agli Stati Uniti d'America ed al loro Governo sopra il territorio della provincia autonoma di Trento reca grave pericolo alla vita, all'incolumità fisica ed alla salute»; b) di «condannare gli Stati Uniti d'America ed il loro Governo», in via principale, «a cessare del tutto e nel modo assoluto l'attività pericolosa accertata, evitando tra l'altro il sorvolo del territorio della provincia autonoma di Trento mediante velivoli da guerra»; in subordine, «a limitare il sorvolo del territorio della provincia autonoma di Trento nei limiti che risulteranno in giudizio come necessari e sufficienti ad escludere ogni pericolo per la vita, l'integrità fisica e la salute degli attori e dei lavoratori addetti al settore dei trasporti in generale, ed agli impianti a fune in particolare».
Gli Stati Uniti d'America si sono costituiti in giudizio. In via pregiudiziale, hanno eccepito il difetto di giurisdizione del giudice adito. Nel merito, hanno contestato la fondatezza della domanda per plurime ragioni.
Nel giudizio sono poi intervenuti, con atto depositato presso la cancelleria del tribunale di Trento il 2 dicembre 1998, la Presidenza del consiglio dei ministri dello Stato italiano ed il ministero della Difesa, che hanno concluso per il rigetto delle domande sia perché inammissibili ed improponibili per motivi di giurisdizione e per carenza di interesse, e sia perché infondate.
2. Con ricorso notificato il 2 dicembre 1998, le amministrazioni dello Stato italiano intervenienti hanno proposto regolamento di giurisdizione al fine di fare dichiarare il difetto di giurisdizione dell'Autorità giudiziaria relativamente alle domande proposte dagli attori.
L'intimata Filt-Cgil Trento ha resistito con controricorso.
Gli intimati Sergio Mattivi, Ferruccio Demadonna, Giorgio Santoni e Fulvio Flamini non hanno svolto attività difensiva.
Con ricorso notificato agli attori in data 3 giugno 1999 gli Stati Uniti d'America hanno proposto anch'essi regolamento preventivo di giurisdizione.
In relazione a quest'ulteriore regolamento nessuno degli intimati ha svolto attività difensiva.
Le ricorrenti amministrazioni dello Stato italiano e la controricorrente Filt-Cgil Trento hanno depositato memoria ai sensi dell'articolo 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I due regolamenti preventivi di giurisdizione proposti, uno dalla Presidenza del consiglio dei ministri e dal ministero della Difesa e, l'altro, dagli Stati Uniti d'America, attengono al medesimo giudizio pendente tra le parti davanti al tribunale di Trento.
Perciò, se ne deve disporre, d'ufficio, la riunione a norma dell'articolo 273 c.p.c., che trova applicazione anche davanti alla Corte di cassazione e pure nel ricorso per regolamento preventivo (cfr. Cassazione, SS.UU., 15 febbraio 1979, n. 982).
2. La Presidenza del consiglio dei ministri ed il ministero della Difesa fondano l'eccepito difetto di giurisdizione del giudice italiano in ordine alla domanda proposta nei confronti degli Stati Uniti d'America sul principio consuetudinario internazionale imponente l'esenzione degli Stati stranieri convenuti dalla giurisdizione civile interna di altri Stati. Inoltre, sul rilievo che, nella specie, gli Stati Uniti d'America sono stati convenuti in giudizio davanti al giudice italiano in ordine ad un'attività, ad essi imputabile, che non può essere qualificata di diritto privato, essendo stata posta in essere in funzione dell'addestramento alla guerra delle proprie forze armate nell'ambito di una cooperazione internazionale per la difesa comune: dunque, in attuazione di un'attività che costituisce elemento immanente della sovranità di uno Stato.
Gli Stati Uniti d'America, dal loro canto, instano, in via principale, perché sia dichiarata «l'improponibilità della domanda per difetto assoluto di giurisdizione, essendo diretta contro un'attività svolta da uno Stato estero, di concerto con lo Stato italiano, nell'esercizio di un potere pubblicistico che deriva a (quegli) Stati dalle norme del Trattato del Nord Atlantico e da quelle delle altre Convenzioni che ad esso hanno dato attuazione, cui non si contrappone alcuna situazione tutelabile come diritto soggettivo»; in ogni caso, perché sia dichiarato il difetto della giurisdizione del giudice italiano per le medesime ragioni prospettate dalle ricorrenti amministrazioni dello Stato italiano.
3. Il precetto dell'immunità della giurisdizione civile dello Stato estero è sancito da una norma consuetudinaria internazionale, attualmente in vigore nell'ordinamento italiano in virtù della norma di adeguamento automatico di cui all'articolo 10 comma 1 della Carta costituzionale.
Come è unanimemente riconosciuto, esso precetto comporta, non già l'insussistenza di qualsiasi tutela giudiziaria nei confronti dello Stato estero, sebbene soltanto, ed unicamente, la preclusione a che i giudici di uno Stato diverso da quello convenuto (quand'anche quelli nazionali dell'attore e competenti secondo le convenzioni internazionali sulla materia oggetto del giudizio) conoscano di una domanda proposta nei confronti dello Stato estero convenuto: da ciò, appunto, l'usuale definizione della regola col broccardo par in parem non habet iurisdictionem.
Ne consegue che nell'ambito del nostro ordinamento positivo, l'applicazione del principio determina il difetto della giurisdizione del giudice italiano in ordine ai giudizi civili proposti nei confronti di uno Stato estero, e non l'improponibilità nel merito della relativa domanda.
Quindi, nell'ordine logico-giuridico, l'esame della tematica relativa alla sussistenza di siffatta immunità assume carattere prioritario rispetto a quella sull'improponibilità della domanda per il cosiddetto difetto assoluto di giurisdizione. Infatti, la cognizione di quest'ultimo tema attiene al merito del giudizio e presuppone la sussistenza della giurisdizione del giudice adito.
4. La questione sull'immunità della giurisdizione civile degli Stati uniti d'America deve essere risolta sulla base del criterio della cosiddetta immunità ristretta, per il quale l'immunità può essere riconosciuta limitatamente alle attività degli Stati esteri che costituisca estrinsecazione immediata e diretta del loro jure imperii.
Su questa conclusione le parti concordano.
Il loro dissenso verte, invece, in primo luogo, sulla ricostruzione della nozione di attività jure imperii, e sulla sussumibilità in essa nozione delle attività quale è quella per cui è controversia; indi, sulla ricostruzione dei limiti di applicabilità della regola dell'immunità giurisdizionale, quanto meno nell'ambito dell'ordinamento italiano.
Infatti, la controricorrente nega che possano assurgere al rango di attività jure imperii tutte quelle intrinsecamente idonee ad incidere - anche se involontariamente e senza colpa - su diritti fondamentali dell'uomo, ed in particolare sul diritto alla vita, all'incolumità personale ed alla salute. Tanto, vuoi perché colpiscono un individuo, e vuoi perché configgono con diritti fondamentali della persona che, stante la loro natura, s'innalzano al di sopra d'ogni altro potere.
Sostiene, poi, che, comunque, pur ammessane la qualifica jure imperii, in ordine a tali attività l'immunità rimane esclusa, quanto meno nell'ordinamento italiano, per tre distinte ragioni. Innanzitutto, per i medesimi rilievi prospettati a sostegno dell'impossibilità di qualificarla come estrinsecazione di un potere sovrano. Inoltre, perché l'articolo 8 della Convenzione universale dei diritti dell'Uomo approvata nell'Assemblea generale delle Nazioni unite tenutasi a New York il 10 dicembre 1948 ha introdotto una deroga alla portata del precetto consuetudinario, alla cui stregua l'esclusione dalla giurisdizione non opera rispetto alle azioni dirette alla tutela di diritti fondamentali dell'uomo. Infine, ed in ogni caso, perché l'automatico inserimento nel nostro ordinamento giuridico di qualsiasi norma internazionale comportante l'esclusione della giurisdizione del giudice italiano sulle attività, anche se jure imperii, incidenti sui diritti fondamentali dell'uomo, è precluso dall'antinomia di una siffatta regola rispetto ai precetti fondamentali della nostra Carta costituzionale.
5. L'analisi della portata del principio consuetudinario internazionale del quale si tratta, nonché dei limiti della sua applicabilità nell'ordinamento italiano, esclude la fondatezza e l'accoglibilità delle opzioni riduttive formulate dalla controricorrente; e determina il difetto della giurisdizione del giudice italiano in ordine alla domanda proposta davanti al tribunale di Trento nei confronti degli Stati Uniti d'America.
6. La conclusione appena enunciata si sviluppa sulla base del rilievo che il giudizio pendente davanti al giudice italiano ha ad oggetto l'attività d'addestramento di velivoli alla guerra in funzione difensiva, che - secondo le previsioni del Trattato del Nord Atlantico stipulato a Washington il 4 aprile 1949 e reso esecutivo in Italia con legge 1° agosto 1949 n. 465 - gli Stati Uniti d'America effettuano nel territorio italiano, nell'interesse comune dei due Stati, oltre che degli altri aderenti alla Nato, ed a tutela della loro sovranità; si incentra sull'assunto che detta attività è idonea a pregiudicare l'incolumità fisica dei cittadini italiani residenti nelle zone sorvolate dagli aerei in addestramento; e mira ad una pronuncia che inibisca siffatta attività in modo radicato o, perlomeno, la riduca in misura idonea ad eliminare gli asseriti effetti pregiudizievoli.
Ora, l'attività d'addestramento alla guerra delle proprie forze armate in funzione difensiva realizza un fine pubblico essenziale ed indefettibile dello Stato: la difesa della propria sovranità e della propria integrità territoriale anche con la forza. Dunque, un'attività indefettibilmente ed ontologicamente jure imperii.
A questo principio, in realtà, queste Sezioni unite sono costantemente pervenute allorché sono state chiamate a giudicare in tema di applicazione della regola dell'immunità giurisdizionale dello Stato estero dettata, in questa ipotesi pattiziamente, nelle Convenzioni Nato. In dettaglio, nei relativi arresti hanno affermato che l'attività militare in senso stretto svolta in Italia dagli organi della Nato (alla quale, come è incontestato ed è opportuno sottolineare, devono ricondursi i voli per cui è controversia) è attuata ai fini della tutela della sovranità degli Stati aderenti al Patto; attiene alla sfera del diritto pubblico, si qualifica come jure imperii; e determina il difetto della giurisdizione del giudice italiano rispetto ai giudizi che la investano in modo diretto ed immediato (v. Cassazione, SS.UU., 2 marzo 1964 n. 1467, 13 maggio 1963, n. 1178, 17 ottobre 1955, n. 3223).
Nel contempo, ad inficiare la conclusione, qui accolta, in ordine alla natura dell'attività per cui è controversia non può valere il dato costituito dalla potenziale incidenza negativa dell'addestramento militare sul diritto alla vita, all'incolumità fisica e sulla salute degli individui.
In via assorbente, per ragioni di consequenzialità logica, dovendosi escludere, sul piano dialettico, che la caratteristica della pericolosità per l'uomo di un'attività possa assumere valore e portata discriminatoria in ordine alla sua riconducibilità alla sfera del diritto pubblico, ed alla sua idoneità alla realizzazione dei fini istituzionali dello Stato. Vale a dire che quel dato consente soltanto di affermare che si tratta di un'attività sovrana potenzialmente pericoloso per l'incolumità e la salute, ed introduce il distinto e diverso problema dei limiti e delle modalità del suo concreto esercizio; ma non consente affatto di escludere che si tratti di un'attività sovrana.
Inoltre, ed in ogni caso, perché ai fini dell'applicazione della regola dell'immunità ristretta, rileva esclusivamente la natura oggettiva dell'attività, del rapporto e della funzione dello Stato estero dedotta in giudizio, ossia l'essere stata posta in essere nell'esercizio ed in attuazione di poteri sovrani, e non assumono valore alcuno i suoi effetti ed i soggetti che ne sono destinatari (v. Cassazione, SS.UU., 6 giugno 1974 n. 1653 - che ha statuito che per la qualificazione come pubblica dell'attività dello Stato straniero rileva unicamente il carattere dell'attività stessa, e precisamente, la sua preordinazione all'attuazione dei fini pubblici dello Stato, ed è radicalmente irrilevante la natura del diritto o dei beni strumentali attraverso i quali la detta attività viene esplicata - nonché, tra le ultime, Cassazione, SS.UU., 20 aprile 1998 n. 4017).
7. Diversamente da quanto sostenuto dalla controricorrente nel suo secondo rilievo, nel precetto dettato dalla norma consuetudinaria internazionale, la regola dell'immunità dalla giurisdizione civile nei confronti dello Stato estero non trova alcuna limitazione in ordine all'attività d'addestramento alla guerra, neppure in connessione ed in presenza di suoi effetti e conseguenze atti a ledere o a porre in pericolo l'incolumità degli individui.
È, questa, una disciplina che, lungi dall'essere disattesa, trova puntuale conferma ed applicazione nelle Convenzioni tra gli Stati aventi ad oggetto la predisposizione di strumenti diretti alla comune difesa militare.
In proposito è emblematica la Convenzione tra gli Stati partecipanti al Trattato del Nord Atlantico sullo Statuto delle forze armate della Nato, stipulata a Londra il 19 giugno 1951 e resa esecutiva in Italia con legge 30 novembre 1955 n. 1335. In essa, il regime fissato nei paragrafi VIII e IX della Convenzione esclude la giurisdizione dello Stato ospitante in ordine a tutte indistintamente le domande riguardanti attività di diritto pubblico aventi un nesso immediato con l'espletamento dei compiti propri degli organi del Patto Atlantico, ed in primis l'attività di addestramento militare, e la riconosce solo per le domande proposte nei confronti dello Stato estero riguardanti sue attività jure privatorum dalle quali esuli ogni aspetto di sovranità (v. Cassazione Su 13 maggio 1963 n. 1178 e 2 marzo 1964 n. 467). Ebbene, dal regime così strutturato discende in modo immediato ed univoco come la deroga al principio della immunità dello Stato estero sia rigorosamente circoscritta e non si estenda alle attività di addestramento militare potenzialmente pericolose per la vita, l'incolumità personale e la salute dei cittadini dello Stato ospitante.
Non solo, ma la legittimità della disciplina patrizia dettata dalle Convenzioni Nato e da quelle omologhe, è comunemente ricondotta proprio alla vigenza di una norma consuetudinaria internazionale di identica portata.
Né, in contrario, può valere la previsione di cui all'articolo 8 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo approvata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite del 10 dicembre 1948, nella parte in cui riconosce il diritto di ognuno di ricorrere davanti al competente giudice nazionale contro gli atti commessi in violazione dei diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione e dalle leggi.
Ciò perché - anche a non tener conto che siffatta regola non ha valore precettivo immediato ed è rivolta agli Stati - certo è che la stessa mira a disciplinare soltanto i rapporti tra l'individuo e lo Stato del quale quegli è cittadino (nel senso che ogni Stato deve riconoscere ai propri cittadini la tutela giudiziaria dei loro diritti fondamentali) e non anche a regolare la diversa questione della riserva della giurisdizione di ciascuno Stato in ordine alle attività poste in essere in estrinsecazione della propria sovranità, né ad escludere o limitare il principio dell'immunità giurisdizionale rispetto agli atti jure imperii.
8. La regola consuetudinaria così ricostruita preesisteva all'entrata in vigore della Costituzione italiana, ed ha assunto valore cogente nel nostro ordinamento in virtù della clausola di adeguamento automatico alle norme del diritto internazionale generalmente riconosciute dettata dall'articolo 10 comma 1 della Costituzione, e non (come assume la controricorrente nel suo ultimo rilievo) in forza di una norma avente efficacia di legge ordinaria.
Ne deriva che quella regola è stata recepita nel nostro ordinamento nella sua interezza; e che, rispetto ad essa, non si pone, né si può porre, la questione di compatibilità con il nostro sistema costituzionale.
Tanto alla stregua del principio, affermato dal giudice delle leggi nella sentenza 12 giugno 1979 n. 48, secondo cui per le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute anteriori alla data d'entrata in vigore della Costituzione, la disposizione di cui al primo comma dell'articolo 10 della Carta costituzionale ne determina l'automatica ricezione piena e senza limiti; ed il problema della coerenza delle omologhe norme con i principi fondamentali della Costituzione (con la conseguenza, in caso negativo, della preclusione all'operatività del meccanismo dell'adeguamento automatico) si pone solo per le norme che siano venute ad esistenza dopo quella data.
9. Ne consegue, in sintesi, la sussistenza dei presupposti per l'immunità degli Stati Uniti d'America dalla giurisdizione civile italiana rispetto alla domanda proposta nei suoi confronti nel giudizio pendente davanti al tribunale di Trento; e la declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Rimane precluso, allora, l'esame della questione inerente all'eccepita improponibilità della domanda per difetto assoluto di giurisdizione.
10. Sugli attori, soccombenti, devono gravare, in solido, le spese dell'intero giudizio.
P.Q.M.
La Corte suprema di cassazione a Sezioni unite:
- riunisce i ricorsi per regolamento preventivo di giurisdizione proposti dalla Presidenza del consiglio e dal ministero della Difesa (n. 21895/98 Rac) nonché dagli Stati Uniti d'America (n. 11567/99 Rac);
- dichiara il difetto della giurisdizione del giudice italiano;
- condanna, in solido, la Federazione italiana lavoratori trasporti - Confederazione generale italiana del lavoro della provincia di Trento, Sergio Mattivi, Ferruccio Demadonna, Giorgio Santoni e Flavio Flammini a rimborsare ai ricorrenti le spese dell'intero giudizio.