Gratuito patrocinio: attuata direttiva Ue su mandato di arresto e reati tributari
Il 10 aprile 2019, in anticipo sul termine del 5 maggio 2019 previsto per il recepimento nel diritto interno, entrerà in vigore il decreto legislativo 7 marzo 2019, n. 24 recante “Attuazione della direttiva (UE) 2016/1919 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2016, sull'ammissione al patrocinio a spese dello Stato per indagati e imputati nell'ambito di procedimenti penali e per le persone ricercate nell'ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 72 del 26 marzo 2019.
La direttiva europea cui il decreto dà attuazione mira, come noto, a “garantire l’effettività del diritto di avvalersi di un difensore” (cfr. Considerando 1 della direttiva) agli indagati e imputati di procedimenti penali, nonché alle persone ricercate nell’ambito di procedimenti di esecuzione di MAE attraverso “norme minime comuni riguardanti il diritto al patrocinio a spese dello Stato”: ciò, al fine di “rafforzare la fiducia degli Stati membri in ognuno dei sistemi di giustizia penale degli altri membri e quindi a facilitare il riconoscimento reciproco delle decisioni in materia penale” (cfr. Considerando 2 della direttiva).
Il decreto legislativo che la recepisce nel nostro ordinamento si inserisce, per vero, come rilevato nella relazione illustrativa, in un sistema di tutele (art. 24 Cost., artt 74-145 D.P.R. 115/2002, TU spese di giustizia) che già assicura allo straniero e all'apolide residente nel territorio dello Stato il trattamento previsto per il cittadino italiano in materia di gratuito patrocinio (art. 90 D.P.R. 115/2002 cit.) ma ne colma le lacune, rispetto al diritto eurounitario, in un duplice ambito: nelle procedure di mandato di arresto europeo; nei procedimenti per reati tributari (art. 91 lett. a del D.P.R. 115/2002).
Per quanto concerne il primo dei due ambiti sopra menzionati, in effetti, la mancata previsione di una norma che espressamente riconoscesse il patrocinio gratuito nelle procedure di mandato di arresto europeo poteva ostacolare il diritto di avvalersi di un difensore sia nello Stato di emissione del MAE che in quello di esecuzione, e tale situazione era complicata dalla mancata inclusione di tali procedure nella tutela dell'art. 6 CEDU, secondo l'interpretazione dei giudici della Corte europea.
Senonché in Italia, come rilevato nella relazione illustrativa al provvedimento che si annota, le Corti d'Appello, interpretando in maniera logica gli articoli 75 e 90 TU spese di giustizia - il primo, nella parte in cui fa riferimento a tutte le eventuali procedure comunque connesse ad ogni fase e grado del processo, il secondo, nella parte in cui assicura allo straniero e all'apolide residente nel territorio dello Stato il trattamento previsto per il cittadino italiano – ne avevano garantito già l'applicazione ad oggi rispetto ai casi di MAE passivo.
Sotto questo profilo l'art. 1 del d.lgs. de quo integra opportunamente l'art. 75 con un comma 2 bis che estende espressamente l'ambito applicativo della disciplina sul gratuito patrocinio alle procedure di esecuzione del mandato di arresto europeo sia nei casi in cui l'Italia sia parte passiva della procedura di consegna di una persona che si trovi sul proprio territorio; sia nei casi in cui sia parte attiva della stessa, cioè chieda l'esecuzione del MAE.

Per quel che concerne il secondo degli ambiti sopra indicati (reati tributari), l'intervento in questione, rimuovendo una preclusione legata alla natura del reato, sulla quale la dottrina aveva espresso rilievi critici circa la conformità alla Costituzione, garantisce parità di accesso al sistema del patrocinio a spese dello Stato anche agli indagati e imputati di reati tributari: ciò, in conformità alla direttiva che, per un verso, non consente l'esclusione in radice dal beneficio per determinati reati, per altro verso, si rivolge ai soli indagati e imputati in procedimenti penali e di MAE (che sono, ovviamente, di natura penale), e non ai condannati in forza di sentenza passata in giudicato.
In quest'ottica, l'art. 2 integra l' articolo 91, comma 1, lettera a), D.P.R. 115/2002, sopprimendo le parole «l'indagato, l'imputato o» e aggiungendo dopo la parola «condannato» le parole «con sentenza definitiva».
La limitazione dell’esclusione dal patrocinio gratuito alla sola fase esecutiva ha indotto, per ragioni di coordinamento del sistema normativo, all’inserimento dei reati di evasione fiscale nel novero di quelli per cui il reddito si debba presumere iuris tantum superiore ai limiti previsti.
Ed invero l'art 3 del decreto legislativo de quo integra il comma 4 bis dell’articolo 76 D.P.R. 115/2002, incrementando l’elenco dei reati ivi previsti con quelli, contemplati ora dalla lett. a) dell’art. 91, “commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto”, salva sempre la prova contraria a carico del richiedente.
Come noto, il comma 4-bis prevede che il reddito si ritenga superiore ai limiti previsti per i soggetti condannati in via definitiva per talune tipologie di reato (reati di cui agli articoli 416-bis c.p., 291-quater D.P.R. 43/1973, 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80, e 74, comma 1, D.P.R. 309/90, nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni di associazione mafiosa ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni mafiose). La presunzione che, dopo l'intervento della Consulta con sentenza 139/2010 è stata, in via additiva, trasformata da assoluta in relativa, e quindi suscettibile di prova contraria, non riguarda i soggetti indagati e imputati.
L'integrazione trova la sua giustificazione nel fatto che i reati in questione si presumono lucrativi per il soggetto ritenuto responsabile degli stessi con sentenza irrevocabile: la disposizione aggiunta, infatti, come per gli altri reati già indicati nel comma 4-bis, vale in presenza di sentenze di condanna divenute passate in giudicato.
Il provvedimento si chiude poi con le occorrenti “Disposizioni finanziarie” prevedendo la copertura con la riduzione del Fondo per il recepimento della normativa europea.
(Altalex, 5 aprile 2019. Nota di Anna Larussa)