Affidamento preadottivo: procedimento e formule utili
Con l'affidamento preadottivo gli adottanti ottengono l'affidamento sperimentale con il minore. Siffatto affidamento costituisce un presupposto necessario dell'adozione, in quanto l'affidamento definitivo del minore nella nuova realtà familiare pretende la prova concreta che detto affidamento si possa verificare nel beneficio del minore.
Il tema della FAMIGLIA e delle dinamiche correlate qual è, ad esempio, l'adozione, sono state ampiamente analizzate da Elena Falletti, ricercatore confermato di diritto privato comparato, che ha pubblicato approfondimenti e formule su In Pratica Legale Famiglia, l’innovativa soluzione professionale di Leggi d'Italia che consente di accedere, in modo semplice e veloce, a tutti i contenuti operativi delle banche dati In Pratica. Provala subito!
Di seguito pubblichiamo un estratto integrale.
Procedimento preadottivo
Il procedimento di affidamento preadottivo viene espletato con rito camerale e pertanto non richiede specifiche formalità. Nel corso del procedimento devono comunque essere uditi il pubblico ministero e gli ascendenti dei richiedenti, se presenti, e, qualora abbia capacità di discernimento o compiuto il dodicesimo anno di età, anche lo stesso minore. Qualora questi abbia compiuto il quattordicesimo anno di età, la legge richiede il suo consenso.
Il Tribunale per i minorenni dispone l'affidamento attraverso un decreto motivato, che ha la natura sostanziale dell'attribuzione di un ufficio familiare. Tale decreto deve essere comunicato al pubblico ministero, ai richiedenti e al tutore, oltre al fatto che deve essere trascritto entro dieci giorni, che decorrono dal momento in cui esso diventa definitivo. Infatti, il decreto di affidamento è soggetto a impugnazione. Tale impugnazione si propone con ricorso alla Sezione minorile della Corte d'appello. I legittimati a proporre l'impugnazione sono il pubblico ministero e il tutore. Al pari del provvedimento di affido preadottivo, anche l'impugnazione è decisa in camera di consiglio con decreto motivato. In questo caso devono essere ascoltati il PM, il tutore e "ove occorra" i destinatari del provvedimento impugnato ai sensi dell'art. 24 l. adoz.
Il Tribunale può stabilire modalità particolari nell'affidamento e sul suo controllo, soprattutto nelle modalità in cui esso viene svolto dalla nuova famiglia. Tale attività di vigilanza può essere effettuata tanto attraverso la nomina di un giudice tutelare quanto attraverso un incarico ai servizi locali. Nel caso in cui l'affidamento presenti difficoltà, il Tribunale deve indagarne le cause attraverso l'ascolto, anche separato, del minore e dei suoi affidatari, anche attraverso la consulenza di uno psicologo. È compito del Tribunale predisporre le misure appropriate di sostegno tanto psicologico quanto sociale ai sensi dell'art. 22 l. adoz.
Il procedimento camerale per l'adozione di un minore, in casi particolari, assume natura informale per espresso dettato normativo ex art. 313 c.c., richiamato dall'art. 56, comma 4, L. n. 184/1983. Il principio innanzi espresso determina l'assenza di particolari vincoli di rigida priorità temporale tra i vari atti della procedura, unicamente permanendo la esigenza di tutelare il superiore interesse del minore, la cui indiscutibile prevalenza porta a negare la sussistenza di qualsivoglia interruzione processuale, non giustificata da incompatibilità di disciplina, tra le due procedure camerali per la dichiarazione dello stato di adottabilità e per l'adozione in casi particolari. Ciò rilevato, non possono ritenersi sussistenti preclusioni normative alla prestazione dell'assenso del genitore non appena si prefiguri la possibilità di ricorrere all'adozione in casi particolari, come nella specie avvenuto per la constatata impossibilità dell'affidamento preadottivo, motivata dalla Corte territoriale con il forte legame affettivo oramai sussistente tra la minore ed i futuri genitori adottivi, la cui recisione avrebbe provocato profondi traumi nella psiche della medesima Cass. civ., sez. I, 12 gennaio 2010, n. 260.
L'annullamento, da parte della Corte d'appello, del provvedimento, del Tribunale per i minorenni, di revoca di un affido preadottivo non comporta automaticamente il riaffido del minore a quello degli affidatari in preadozione che mostri di volersene prendere cura per procedere poi alla sua adozione, dal momento che l'adozione da parte di persona singola conserva, nel nostro ordinamento, carattere eccezionale, sicché spetta al Tribunale per i minorenni scegliere la soluzione più confacente all'interesse del minore procedendo ad una comparazione della disponibilità dell'affidatario e delle "chances" da lui offerte con la disponibilità e le "chances" di altra coppia aspirante all'adozione App. Napoli, 15 maggio 1996.
Giurisprudenza
La immediata declaratoria dello stato di adottabilità del minore è, in ragione dell'uso della locuzione "a meno che" insita nella disposizione di cui all'art. 11 della L. n. 184/1983, espressamente condizionata all'assenza di una richiesta di sospensione che provenga da chi, affermando di essere uno dei genitori, e dunque anche la madre biologica che abbia optato per l'anonimato, chieda termine per provvedere al riconoscimento del minore. La formulazione della richiesta di sospensione, dunque, la quale non è suscettibile di preventiva e definitiva rinuncia stragiudiziale, non è soggetta a termini processuali di decadenza, sicché ben può intervenire durante tutta la pendenza del procedimento abbreviato di primo grado, purché prima della sua definizione, posto anche che il comma sette della richiamata disposizione priva di efficacia il riconoscimento solo se attuato dopo l'intervenuta dichiarazione di adottabilità e l'affidamento preadottivo Cass. civ., sez. I, 7 febbraio 2014, n. 2802.
L'adozione in casi particolari, di cui all'art. 44, comma 1, lett. d), L. n. 184/1983, c.d. "mite", presuppone la constatata impossibilità di diritto, e non solo di fatto, di affidamento preadottivo, posto che, a differenza dell'adozione c.d. legittimante, non presuppone una situazione di abbandono dell'adottando, sicché non rappresenta una extrema ratio, né comporta la recisione dei rapporti del minore con la famiglia d'origine, in quanto risponde, piuttosto, all'esigenza di assicurare il rispetto del preminente interesse del minore, e va disposta al fine di salvaguardare, in concreto, la continuità affettiva ed educativa dei legami in atto dello stesso con i soggetti che se ne prendono cura (nella specie, la Suprema Corte ha confermato la decisione di merito che aveva disposto tale forma di adozione nei riguardi di un minore ormai preadolescente, in favore della coppia che ne era affidataria da circa due anni, atteso, da un lato, che i genitori erano stati dichiarati decaduti dalla responsabilità con provvedimento definitivo, e ne era stata comunque accertata la perdurante inidoneità, e, dall'altro, che il minore aveva instaurato un solido e positivo rapporto con gli adottanti) (Cass. civ., sez. I, 16 aprile 2018, n. 9373).
L'affidamento preadottivo rappresenta una fase necessaria del procedimento di adozione, non surrogabile dall'affidamento provvisorio o di mero fatto; tuttavia, laddove l'interesse del minore lo richieda, il periodo di affidamento preadottivo può essere inferiore a dodici mesi e sommarsi al periodo di affidamento provvisorio (nella specie, discutendosi dell'adozione di un minore di diciassette anni e due mesi - con conseguente preclusione dell'adozione legittimante nell'ipotesi in cui fosse stato disposto l'affidamento preadottivo per il periodo di un anno - è stata ammessa la possibilità di sommare il periodo di affidamento preadottivo all'affidamento provvisorio alla vigilia del compimento del diciottesimo anno di età da parte dell'adottando) Trib. Minorenni, L'Aquila, 6 marzo 2002.

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