Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto
L’articolo 625-bis c.p.p. prevede la possibilità di proporre, a favore del condannato, la richiesta per la correzione dell’errore, materiale o di fatto, contenuto nei provvedimenti della Corte di Cassazione.
Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto
di Anna Larussa
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L’articolo 625-bis c.p.p., introdotto nel nostro ordinamento dalla legge 26 marzo 2001, n. 128 (meglio nota come pacchetto sicurezza), stabilisce che è prevista, a favore del condannato, la possibilità di proporre la richiesta per la correzione dell’errore, materiale o di fatto, contenuto nei provvedimenti della Corte di Cassazione.
Lo strumento previsto dall'indicata disposizione si configura come mezzo di impugnazione straordinario atto ad emendare gli errori del giudice di legittimità e previsto esclusivamente a favore del condannato: lo stesso deve ritenersi esperibile anche in caso di condanna ai soli effetti civili (cfr. Cass. pen., sez. VI, n. 26485/2010) nonché anche con riferimento ai provvedimenti che intervengono a stabilizzare il giudicato, formatosi anteriormente (cfr. Cass. Pen. Sez. Un., Sentenza 17 marzo 2017, n. 13199: È ammissibile la richiesta, avanzata ai sensi dell’art. 625-bis cod. proc. pen., per la correzione dell’errore di fatto contenuto nella sentenza con cui la Corte di cassazione abbia dichiarato inammissibile o rigettato il ricorso contro la decisione negativa della Corte di appello pronunciata in sede di revisione).
La norma ha rappresentato un’importante innovazione nel sistema generale delle impugnazioni in quanto ha aperto la stura al superamento del principio di intangibilità del giudicato, tuttavia, la mancanza di una compiuta e organica disciplina legislativa e, in particolare, «dei casi che rientrano nell’ambito di applicazione della norma» (Capone) ha pesato sulla ricostruzione sistematica della figura.
Sommario 1. I rimedi previsti dall'art. 625-bis c.p.p. 4. Natura straordinaria del rimedio |
1. I rimedi previsti dall’art.625-bis
Com’è facile constatare dalla rubrica della norma, nel relativo enunciato sono accomunate realtà ontologicamente distinte e distinguibili: a riguardo, si è osservato come la configurazione del nuovo istituto come mezzo di impugnazione straordinario sia appropriata per l’errore di fatto e non anche per l’errore materiale rientrando l’emendabilità di quest’ultimo ex art. 625-bis c.p.p. più propriamente in quelle attività qualificate dalla dottrina come di «diortosi processuale» (Diddi)..
Fatta questa debita precisazione, pare opportuna una, sia pur breve, analisi separata dei due tipi di errori.
2. Errore materiale
Si ritiene comunemente che l’errore materiale si concreti in un “vizio estetico” che tocca la veste dell’atto e che, senza incidere sul processo logico e volitivo della decisione giudiziale, determina un divario fra la volontà del giudice e la materiale rappresentazione grafica della stessa, fra il pensiero del decidente e la sua estrinsecazione formale (Marafioti). Tale errore, investendo unicamente la difformità esteriore dell’atto documentale, è suscettibile di rimozione attraverso quei meccanismi di “diortosi processuale” che la dottrina concettualmente distingue in due tipologie secondo che siano diretti a ristabilire l’adesione dell’atto materiale allo schema formale prescritto dalla legge (correzione: si pensi, per esempio, all’indicazione, tra i componenti del collegio deliberante, di un magistrato in luogo di un altro, dovuto ad errore materiale della cancelleria compiuto nel copiare la minuta della sentenza per formare l’originale) o a rendere possibile la modifica dell’atto documentale per adeguare le sue funzioni rappresentative agli effetti comunque prodotti dall’atto materiale e non documentalmente individuabili (rettificazione: si pensi, per esempio, all’omessa statuizione sulle spese processuali).
L’errore materiale ex art. 625-bis c.p.p. condivide la medesima disciplina dell’errore di fatto previsto dalla stessa norma, di tal che il rimedio a siffatta species erroris è proponibile solo avverso le decisioni della Cassazione che perfezionano la fattispecie del giudicato di condanna e solo a favore del condannato.
3. Errore di fatto
Il rimedio previsto dall’art. 625-bis costituisce una eccezione alla regola di assoluta inoppugnabilità dei provvedimenti della Corte di Cassazione e tale eccezione intanto può riconoscersi in quanto non abbia ad oggetto l’attività di giudizio (Gialuz). Tra l’altro, poiché l’impugnazione in discorso è devoluta allo stesso giudice che ha emesso il provvedimento, è ragionevole pensare che lo stesso ben difficilmente sarebbe disposto a riconoscere la commissione di errori nel suo percorso logico-argomentativo, mentre nessuna riluttanza dovrebbe mostrare alla riparabilità di errori commessi per difetto di attenzione. L’errore di fatto ex art. 625-bis si strutturerebbe quindi nel processo penale in via speculare all’errore di fatto revocatorio disciplinato dal codice di rito civile: l’errore di fatto ex art. 625-bis c.p.p. si verifica quando il travisamento degli atti (Amodio) nella fase prodromica a quella decisionale ovvero nel corso della stessa attività di decisione sul merito del ricorso, si traduca nell’ingiustizia o nell’invalidità del provvedimento finale.
Occorre cioè che l’errore in parola, sebbene di tipo percettivo, e non avente pertanto ad oggetto l’attività di giudizio, sia idoneo a riflettersi su quest’ultima intaccando la decisione finale.
Sulla stessa linea si sono poste le Sezioni Unite Penali con la leadeng decision del 27 marzo 2002 nella quale hanno qualificato l’errore di fatto ex art. 625-bis c.p.p. quale défaillance di natura percettiva, causata da una svista o un equivoco, in cui la Corte di Cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni del giudizio di legittimità, e connotata dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà del giudice, viziato dall’inesatta percezione delle risultanze processuali, il cui sviamento conduce a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza l’errore di fatto.
L’errore di fatto è di tipo percettivo, e ciò in duplice senso: in quanto si identifichi in una fuorviata rappresentazione degli atti processuali e in quanto traspaia in modo diretto ed evidente dal controllo degli stessi atti.
La causa dell’errore è ravvisabile in una svista o in un equivoco, ovvero in un errore di lettura o di comprensione, che porti ad asserire falsamente l’esistenza (es. rigetto del ricorso e condanna alle spese benché vi fosse stata una rinunzia all’impugnazione) ovvero l’inesistenza di un atto (es. rigetto di un’istanza di rinvio perché si asserisce che la stessa non sia stata documentata).
L’oggetto dell’errore è costituito dagli atti interni al giudizio di legittimità, cioè tutti gli atti che la Corte è tenuta a conoscere per decidere la causa. Deve sussistere un nesso causale tra l’errore di fatto e la decisione con la quale si è concluso il giudizio di legittimità.
4. Natura straordinaria del rimedio
Il ricorso volto a correggere l’errore di fatto, a differenza di quello volto a correggere l’errore materiale, costituisce un vero e proprio mezzo di impugnazione (Bruno; Canzio - Silvestri). Esso, infatti, si configura come rimedio esperibile dalle parti interessate (condannato e procuratore generale) entro termini perentori al fine di rimuovere un provvedimento giurisdizionale svantaggioso. Partecipa cioè dei caratteri che sono peculiari dei mezzi di impugnazione, la legittimazione di parte, l’interesse a impugnare, l’esperibilità entro dati termini a pena di decadenza, la funzione sostitutiva.
Trattasi di un mezzo di impugnazione “straordinario” in quanto presuppone l’irrevocabilità della decisione ed è diretto a rimuoverla (Tonini): orbene, la qualificazione in siffatti termini del rimedio di cui all’art. 625-bis c.p.p. trova conferma e nella configurazione dello stesso quale strumento destinato a operare esclusivamente a favore del condannato, analogamente a quanto previsto per la revisione, e nella mancata previsione di effetti sospensivi a seguito della sua proposizione, caratteristica propria dei mezzi di impugnazione avverso pronunzie irrevocabili.
Dalla natura straordinaria del rimedio discende la possibilità di esperire lo stesso unicamente avverso le pronunce che si presentano idonee a determinare il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, con conseguente esclusione dall’area di operatività dell’art. 625-bis c.p.p. non solo delle pronunce che determinano il passaggio in giudicato di una sentenza diversa da quella di condanna (estinzione del reato, difetto di imputabilità ecc.) ma anche di quei provvedimenti della Cassazione che danno luogo ad una semplice preclusione, in quanto resi nei procedimenti incidentali (si pensi in articolare ai provvedimenti de libertate), nonché di quei provvedimenti che, pur essendo emessi nell’ambito del procedimento principale, non sono tali da determinare il passaggio in giudicato della sentenza, come nel caso dell’annullamento con rinvio (Gialuz).
5. Procedimento
La richiesta è proposta dal Procuratore generale o dal condannato, con ricorso presentato alla Corte di cassazione entro centottanta giorni dal deposito del provvedimento.
Il termine di 180 giorni è da ritenersi perentorio limitatamente all'errore di fatto. Ed invero l'errore materiale ai sensi del comma 3 dell'art. 625-bis c.p.p. può essere rilevato dalla Corte di Cassazione, d'ufficio, in ogni momento e senza formalità, mentre l'errore di fatto può essere rilevato d'ufficio entro 90 giorni dalla deliberazione.
La presentazione del ricorso non sospende gli effetti del provvedimento, ma, nei casi di eccezionale gravità, la Corte provvede, con ordinanza, alla sospensione.
Quando la richiesta è proposta fuori dai casi in cui è ammessa o, quando essa riguardi la correzione di un errore di fatto, fuori del termine di 180 giorni, ovvero risulti manifestamente infondata, la Corte, anche d'ufficio, ne dichiara con ordinanza l'inammissibilità; altrimenti procede in camera di consiglio, a norma dell'articolo 127 c.p.p. e, se accoglie la richiesta, adotta i provvedimenti necessari per correggere l'errore.
6. Provvedimenti necessari per correggere l’errore
Quanto all’epilogo della procedura in caso di accoglimento del ricorso straordinario, la norma non specifica se e in quali fasi debba articolarsi il procedimento davanti alla Corte nell’ipotesi in cui il ricorso risulti fondato ma si limita a statuire che, ove accolga la richiesta, la Corte «adotta i provvedimenti necessari per correggere l’errore».
A riguardo mette conto di evidenziare come mentre nessun problema sorga in caso di errore materiale dovendosi rispetto ad esso procedere alla mera rettificazione ed essendo all’uopo sufficiente la sede camerale, per l'errore di fatto la Corte deve modulare il contenuto della decisione finale sulle specifiche caratteristiche del caso concreto, e quindi, in base ad esse, provvedere direttamente in sede camerale all’emenda della decisione viziata ovvero introdurre un’ulteriore fase procedimentale di natura rescissoria;
A parere della dottrina, in questo caso, l’elasticità del dettato normativo è quanto mai opportuna (Fumu).
Nello stesso senso è orientata la giurisprudenza di legittimità (Cass. Pen., Sez. VI, 24 ottobre 2002, n. 20093, Laurendi)
Pertanto, quando dall’accertamento dell’errore derivano conseguenze semplici, univoche, indiscutibili, è possibile procedervi direttamente in sede camerale, diversamente, la Corte, previa correzione dell’errore, dovrà rinviare il processo ad altro collegio, che provvederà all’esito di pubblica udienza (es. erronea declaratoria di inammissibilità del ricorso ordinario che comporta la riapertura dell’originario procedimento).
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Bibliografia
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