Famiglia, minori e successioni

Cognome paterno: aggiunto a quello della madre se non pregiudica l'interesse del minore

Per la Cassazione civile (ordinanza n. 772/2020) tale attribuzione deve essere funzionale al suo interesse e volta a tutelarne l'identità personale

figlio minoreÈ legittima l’aggiunta del cognome paterno a quello della madre, che ha riconosciuto il minore per primo, se ciò non lede l’interesse del bambino e non ne pregiudica l’identificazione sociale, ormai consolidatasi con il solo matronimico.

Questo è quanto affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, sezione VI-1 civile, che, con l’ordinanza 14 novembre 2019 - 16 gennaio 2020, n. 772 (testo in calce) ribadisce il principio del prioritario ed esclusivo interesse del minore, unico criterio guida cui dovrà attenersi il giudice in punto di riconoscimento del figlio nato al di fuori dal matrimonio.

Sommario

I fatti di causa

La pronuncia trae origine dal decreto con cui il Tribunale di Reggio Calabria accoglieva la domanda di una donna, esercente la responsabilità genitoriale sul figlio di otto anni, disponendo che il bambino assumesse il cognome del padre naturale in aggiunta a quello della madre (che lo aveva riconosciuto per prima) e stabilendo anche l’affido super esclusivo in favore di quest’ultima.

Il padre proponeva reclamo contro il decreto, che però veniva rigettato dalla Corte d’Appello. Ricorreva quindi in Cassazione, rilevando che l’aggiunta del patronimico avrebbe potuto compromettere l’identità sociale già raggiunta dal minore mediante l’utilizzo del cognome materno.

Riferiva inoltre, quali circostanze ostative al riconoscimento, della totale inesistenza dei rapporti con il figlio e della propria assoluta inidoneità all’esercizio della responsabilità genitoriale, tant’è che era stato disposto l’affido super esclusivo in favore della madre.

Attribuzione del cognome e interesse prevalente del minore

Nell’esame del ricorso la Corte di Cassazione richiama il costante orientamento di legittimità in tema di attribuzione giudiziale del cognome al figlio nato fuori dal matrimonio e riconosciuto in maniera non contestuale dai genitori.

La Corte ribadisce che i criteri di individuazione del cognome del minore sono funzionali al suo interesse e finalizzati ad evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come proiezione della personalità sociale del minore, valore che ha copertura costituzionale assoluta.

La scelta del giudice in sede di attribuzione del cognome è quindi ampiamente discrezionale e prescinde dalle regole dettate in materia di riconoscimento del figlio all’interno del matrimonio, avendo riguardo soltanto al modo più conveniente di individuare il minore in relazione all’ambiente in cui è cresciuto, fino al momento del successivo riconoscimento (così Cass. n. 12640 del 18/6/2015).

Rispetto alle ipotesi previste al secondo e terzo comma dell’art. 262 c.c., il giudice ha quindi il potere-dovere di decidere avendo riguardo soltanto all’interesse del minore.

E’ quindi escluso ogni automatismo, sia in termini di priorità nell’attribuzione del cognome - essendo inconfigurabile una regola di prevalenza del criterio del prior in tempore - sia di particolare favore per il patronimico rispetto al cognome materno (così Cass. n. 2644 del 3/2/2011; Cass. n. 18161 del 05/07/2019).

Proprio perché orientata a garantire l’esclusivo interesse del minore, la decisione di merito - osserva la Corte - è peraltro incensurabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivata (Cass. n. 15953 del 17/7/2007).

One LEGALE | Experta Famiglia La soluzione Wolters Kluwer dedicata a diritto di famiglia e minori, successioni, testamenti, eredità. Guide pratiche, commentari, riviste, check list, formule, news a cura dei migliori esperti.

L’assenza di ragioni ostative e pregiudizievoli

In tema di minori vale dunque il consolidato principio secondo cui "… è legittima, in ipotesi di secondo riconoscimento da parte del padre, l’attribuzione del patronimico, in aggiunta al cognome della madre, purchè non gli arrechi pregiudizio in ragione della cattiva reputazione del padre e purchè non ne sia lesivo dell’identità personale, ove questa si sia definitivamente consolidata con l'uso del solo matronimico nella trama dei rapporti personali e sociali" (Cass. n. 26062 del 10/12/2014).

L’attribuzione del cognome paterno presuppone pertanto la valutazione circa l’assenza di ragioni pregiudizievoli o ostative per il bambino, requisito ampiamente soddisfatto dai giudici di merito nel caso di specie.

Era stato infatti accertato che il bambino, di circa otto anni all’epoca della pronuncia di primo grado, non aveva ancora acquisito con il matronimico una identità definitiva e formata nella trama dei rapporti personali e sociali. L’assenza di rapporti tra padre e figlio non era inoltre di ostacolo all’aggiunta del secondo cognome, consentendo al contrario il prodursi di effetti positivi per il minore, quali una positiva evoluzione del rapporto con il padre, la facilitazione del legame con gli altri suoi figli e la possibilità di affermare la propria appartenenza alla famiglia paterna.

Muovendo da tali premesse la Corte ha quindi rigettato il ricorso, dichiarandolo inammissibile, e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

CASSAZIONE CIVILE, ORDINANZA N. 772/2020 >> SCARICA IL TESTO PDF

Codici e Ebook Altalex Gratuiti

Vedi tutti