Società multidisciplinare tra avvocati: ammessi soci iscritti ad altri albi

Cassazione civile, SS. UU., sentenza 19/07/2018 n° 19282

L’esercizio in forma associata della professione di avvocato, dal gennaio del 2018, è regolato dall’art. 4 bis della legge professionale forense, il quale ha sostituito la previgente disciplina (artt. 16 ss. del d.lgs. n. 96 del 2001), consentendo la partecipazione di soci non avvocati, seppur nella misura non superiore ad un terzo del capitale sociale. Lo ius superveniens (ossia l’introduzione del citato art. 4 bis), creando una nuova normativa relativa ad un rapporto ancora in corso, va applicato d'ufficio, anche in sede di legittimità. Spetta al giudice di merito accertare che la società sia compatibile con detto ius superveniens.

Così hanno statuito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza 19 luglio 2018 n. 19282.

La fattispecie

Il Consiglio Nazionale Forense rigettava il ricorso presentato da due avvocati contro la delibera con cui il loro Consiglio dell’Ordine aveva respinto la domanda di iscrizione all’albo della società in accomandita semplice costituita dai legali ricorrenti e, come terzo socio, da un dottore commercialista. Il CNF riteneva vigente il divieto di società multidisciplinari per gli avvocati ai sensi dell’art. 5 della legge professionale (legge 247/2012) e confermava il rigetto della richiesta di iscrizione da parte del COA. Si giungeva così in Cassazione. In particolare, le Sezioni Unite si trovano a dirimere «la questione della legittimità o non di società tra avvocati con partecipazione di soci non iscritti all'albo forense e, in particolare, della questione attinente al significato da attribuire alla clausola di salvaguardia contenuta nella cit. L. n. 183 del 2011, art. 10, comma 9, che espressamente fa salvi i diversi modelli societari e le associazioni professionali già vigenti alla data di entrata in vigore della legge».

Prima di analizzare il percorso argomentativo seguito dalla pronuncia in commento, è d’uopo menzionare le norme che vengono in rilievo ai fini della decisione.

Società tra avvocati (STA) e tra professionisti (STP): riferimenti normativi

Per semplicità espositiva si rende necessaria una sintetica cronistoria degli interventi normativi in materia.

  • 1939 - Legge 23 novembre 1939 n. 1815 recante la “Disciplina giuridica degli studi di assistenza e di consulenza”. Essa consentiva l’esercizio della professione da parte dei soggetti abilitati in forma associata con l’obbligo di utilizzare la dizione “studio legale, studio commerciale, et cetera” seguita dal cognome e dai titoli professionali (art. 1) e vietava ogni diversa forma di esercizio della professione (art. 2). Il suddetto divieto viene eliminato nel 19971, mentre l’intera legge è abrogata nel 2011.

  • 2001 - D. lgs. 2 febbraio 2001 n. 96 recante l’“Attuazione della direttiva 98/5/CE volta a facilitare l'esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquisita la qualifica professionale”, la quale – riferendosi espressamente alla professione forense – ammette che l’attività professionale possa essere esercitata in forma comune esclusivamente secondo il tipo della società tra professionisti, denominata società tra avvocati (STA). Pertanto, contiene il divieto di esercizio professionale di tipo interdisciplinare.

  • 2006 - D. L. 4 luglio 2006 n. 223 (convertito con modificazioni in legge 4 agosto 2006 n. 248), elimina, in via generale, il divieto di società multidisciplinari.

  • 2011 - Legge 12 novembre 2011 n. 183 (legge di stabilità del 2011) abroga la legge del 1939 e conferma, in via generale (non con riferimento espresso agli avvocati), la possibilità di costituire società professionali multidisciplinari (STP) e rinvia ad un regolamento attuativo (D.M. 8 febbraio 2013 n. 34).

  • 2012 - Legge 31 dicembre 2012 n. 247 recante la legge professionale forense, che ammette l’esercizio della professione in forma societaria, ma esclude la partecipazione di soci di mero investimento o di soci non abilitati all'esercizio della professione forense (art. 5).

  • 2017 - Legge 4 agosto 2017 n. 124, recante la legge annuale per il mercato e la concorrenza, abroga l’art. 5 della legge professionale forense, introduce l’art. 4 bis e consente espressamente la formazione di società multidisciplinari per gli avvocati.

Dopo aver riassunto sinteticamente il quadro normativo, passiamo all’analisi specifica delle varie norme, generali e speciali.

Società professionali: norme generali e speciali

Ut supra ricordato, la legge 12 novembre 2011 n. 183 si occupa, in via generale, della costituzione di società professionali multidisciplinari (art. 10 c. 8) per favorire la liberalizzazione del fenomeno delle Società Tra Professionisti (STP)2, pertanto, parrebbe pienamente legittima la costituzione di una società multidisciplinare anche in ambito forense. Tuttavia, la presenza della clausola di salvaguardia, in virtù della quale “restano salve le associazioni professionali, nonché i diversi modelli societari già vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge” (art. 10 c. 9), depone in senso opposto. In buona sostanza, la prefata clausola fa salvi i modelli societari già espressamente disciplinati, come quello della professione forense, delineato dal d. lgs. 2 febbraio 2001 n. 96, il quale si occupa espressamente delle STA (Società Tra Avvocati). Inoltre, la legge professionale forense del 2012 – quindi posteriore rispetto alla disciplina generale delle STP (2011) e a quella speciale delle STA (2001) – ammette l’esercizio associato della professione, escludendo la partecipazione di soci di mero investimento o di soci non abilitati all'esercizio della professione forense3.

Nel caso in esame, la richiesta di iscrizione all’albo della società multidisciplinare era stata effettuata nel 2013, pertanto sotto la vigenza della legge professionale forense (2012), la quale, dettando una disciplina speciale, rispetto a quella generale di cui alla legge 12 novembre 2011 n. 183 (anche alla luce della clausola di salvaguardia), manteneva il divieto di società multidisciplinari.

La modifica della legge professionale forense

Tuttavia, la legge 4 agosto 2017 n. 124 ha abrogato l’art. 5 della legge professionale forense ed ha introdotto l’art. 4 bis, il quale prevede l'ammissibilità delle società di persone, di capitali o cooperative iscritte in un'apposita sezione speciale dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società e dispone che "i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati iscritti all'albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni"4. La norma mira a garantire maggiore concorrenzialità nella professione forense ed elimina, una volta per tutte, il divieto di esercizio multidisciplinare della professione in forma societaria.

Società multidisciplinare e ius superveniens

I supremi giudici sostengono che non possa confermarsi l’argomentazione contenuta nella sentenza impugnata, laddove si legittima il rifiuto dell’iscrizione all’albo della società dei ricorrenti, da parte del loro COA, in virtù del disposto dell’art. 5 legge 247/2012, ormai abrogato. Il citato articolo consentiva l’esercizio della professione in forma societaria solo ad avvocati iscritti all’albo.
Orbene, la Cassazione ripercorre l’evoluzione normativa in materia e sottolinea come l’entrata in vigore dell’art. 10 della legge 183/2011, con la clausola di salvaguardia, abbia portato alla vigenza di due diverse cornici di riferimento, una generale ed una speciale:

  1. l’art. 10 c. 4 legge cit. ammette la possibilità di costituire società tra professionisti in genere e soci non professionisti; a tale norma si appellano i ricorrenti per ottenere l’iscrizione all’albo della loro società (cornice generale);

  2. il d. lgs. 96/2001 riguarda i soli avvocati e viene fatto salvo dalla clausola di salvaguardia (cornice speciale).

I ricorrenti propongono un’interpretazione restrittiva della clausola di salvaguardia (art. 10 c. 9 legge 183/2011), sostenendo che essa riguardi le società già in essere e non lo schema societario. I giudici di legittimità rigettano tale costruzione esegetica, in quanto la clausola de qua menziona espressamente i “modelli societari”. Inoltre, una specificazione in tal senso sarebbe superflua, giacché nel nostro ordinamento non esistono forme di “nullità successiva5”. Quindi, secondo la Corte, le soluzioni interpretative (prima dell’introduzione dell’art. 4 bis legge 247/2012) erano due:

  1. la possibilità per gli avvocati di costituire società multidisciplinari ex art. 10 legge 183/2011;

  2. la possibilità di costituire unicamente società tra avvocati ai sensi degli artt. 16 ss. d. lgs. 96/2001.

Tuttavia, il citato art. 16 prevede che l’attività professionale possa esercitarsi esclusivamente nella forma di società tra avvocati; non consentendo loro, quindi, di accedere all’alternativa delle STP. Del resto, in tal senso depone anche la successiva legge professionale forense (prima dell’abrogazione dell’art. 5). Pertanto, in virtù del principio per cui lex posterior generalis non derogat priori speciali, deve concludersi per il divieto di STP tra avvocati e per l’applicazione della disciplina del d.lgs. 96/2001.

I termini della questione però sono mutati dopo l’introduzione dell’art. 4 bis nella legge professionale forense (inserito nel 2017) che consente la partecipazione di soci non avvocati, seppur nella misura non superiore ad un terzo del capitale sociale.

Riassumendo:

  • prima dell’entrata in vigore dell’art. 4 bis legge 247/2012 – inserito dalla legge 205/2017 – l’unico modello societario consentito era quello previsto dal d. lgs. 96/2001, ossia società composte da soli avvocati;

  • attualmente sono ammissibili società tra professionisti multidisciplinari, in quanto l’art. 4 bis rappresenta norma speciale che deroga alla precedente e prevale su di essa.

Al lume di quanto sopra, emerge la nullità della società in oggetto per contrasto con norme imperative, ossia con il d.lgs. n. 96 del 2001, artt. 16 e ss., vigente al tempo della sua costituzione. Nondimeno, la suddetta nullità non pregiudica l'efficacia degli atti da essa compiuti «e ciò vuoi in forza dell'art. 20, comma 2, stesso d.lgs., vuoi in forza della giurisprudenza6 di questa S.C. […] secondo cui anche la nullità del contratto costitutivo di una società di persone è equiparabile, quoad effectum, al suo scioglimento». Inoltre, lo ius superveniens di cui al citato art. 4 bis, in materia di esercizio in forma associata della professione forense, introducendo la nuova disciplina d'un rapporto sociale ancora in corso, va applicato anche d'ufficio in sede di legittimità. Spetterà al giudice del rinvio accertare che la società ricorrente sia compatibile con detto ius superveniens.

Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte a Sezioni Unite accoglie il ricorso7 dei legali, cassa la sentenza impugnata, rinvia al Consiglio Nazionale Forense affinché, nella sua composizione giurisdizionale, accerti la compatibilità della società di cui trattasi con il modello delineato dal nuovo art. 4 bis della legge professionale forense, ed enuncia il seguente principio di diritto:

«Dal 1.1.2018 l'esercizio in forma associata della professione forense è regolato dalla L. n. 247 del 2012, art. 4-bis (inserito dalla L. n. 124 del 2017, art. 1, comma 141, e poi ulteriormente integrato dalla L. n. 205 del 2017), che - sostituendo la previgente disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 96 del 2001, artt. 16 e ss. - consente la costituzione di società di persone, di capitali o cooperative i cui soci siano, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati iscritti all'albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni, società il cui organo di gestione deve essere costituito solo da soci e, nella sua maggioranza, da soci avvocati».

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1 Legge 7 agosto 1997 n. 266, all’art. 24 c. 1 abrogava l’art. 2 della legge 23 novembre 1939 n. 1815 e rinviava la regolamentazione ad un successivo decreto ministeriale, mai entrato in vigore.

2 In particolare, dispone che possano assumere tale qualifica le società il cui atto costitutivo preveda l'esercizio in via esclusiva dell'attività professionale da parte dei soci (art. 10, c. 3, lett. a), l'ammissione in qualità di soci dei soli professionisti iscritti ad ordini, albi e collegi, anche in differenti sezioni, ma in ogni caso il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale sociale dei professionisti deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci (art. 10, c. 3, lett. b). Inoltre, l'esecuzione dell'incarico professionale deve essere curata solo dai soci in possesso dei requisiti per l'esercizio della prestazione professionale richiesta (art. 10, c. lett. c). Si ribadisce, altresì, l'obbligo dell'osservanza del codice deontologico del proprio ordine da parte dei soci professionisti e la soggezione della STP al regime disciplinare dell'ordine al quale risulta iscritta (art. 10 c. 7).

3 L’art. 5 legge 247/2012 conteneva una delega al Governo in relazione alla disciplina dell'esercizio della professione forense, tra i principi espressi, annoverava quello secondo cui l'esercizio della professione forense in forma societaria sarebbe stato consentito esclusivamente a società di persone, società di capitali o società cooperative, i cui soci fossero avvocati iscritti all'albo. Inoltre, inseriva tra i criteri direttivi della delega anche la previsione che alla società tra avvocati si applicassero, in quanto compatibili, le disposizioni sull'esercizio della professione di avvocato in forma societaria di cui al d. lgs. n. 96 del 2001 (che disciplinava le STA).

4 In buona sostanza, secondo l’attuale normativa l’esercizio della professione forense in forma societaria è consentito a società di persone, società di capitali o società cooperative iscritte in un'apposita sezione speciale dell'albo tenuto dall'ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società. Inoltre,

  1. i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all'albo, ovvero avvocati iscritti all'albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni; il venire meno di tale condizione costituisce causa di scioglimento della società e il consiglio dell'ordine presso il quale è iscritta la società procede alla cancellazione della stessa dall'albo, salvo che la società non abbia provveduto a ristabilire la prevalenza dei soci professionisti nel termine perentorio di sei mesi;

  2. la maggioranza dei membri dell'organo di gestione deve essere composta da soci avvocati;

  3. i componenti dell'organo di gestione non possono essere estranei alla compagine sociale; i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori.

5 La nullità successiva, secondo la Corte, è una nullità «conseguente a norme che, in deroga al principio generale secondo cui i requisiti di validità del negozio devono esistere nel momento in cui lo stesso viene posto in essere, stabiliscano - invece - che i requisiti essenziali debbano esistere alla stregua della legge vigente non solo nel momento genetico, ma anche in quello di produzione degli effetti».

6 Cfr. recentemente Corte Cass. n. 9124/15

7 Invero, viene accolto il secondo motivo di ricorso e rigettato il primo avente ad oggetto la formazione del silenzio assenso (ex art. 45 d. lgs. 59/2010) sulla richiesta di iscrizione all’albo.

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