Responsabilità civile

Reato di fuga: necessario fermarsi per consentire le indagini

Cassazione penale, sez. IV, sentenza 15/06/2018 n° 27531

Il reato di fuga si perfeziona quando il conducente si allontana o si ferma solo per pochi istanti, senza prestare soccorso e consentire le prime indagini.

E' quanto emerge dalla sentenza della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 15 giugno 2018, n. 27531.

Secondo consolidata giurisprudenza, il reato di fuga, ex art. 189, comma 6, cod. strad., si perfeziona, in caso di investimento del pedone, istantaneamente nel momento in cui il conducente del veicolo investitore viola l'obbligo di fermarsi, ponendo in essere, con il mero allontanamento, una condotta contraria al precetto di legge (Cass. pen., Sez. IV, 12 febbraio 2015, n. 11195).

Al fine della configurabilità del reato il dolo richiesto per la punibilità può essere integrato anche dal solo dolo eventuale, non essendo necessario il dolo intenzionale; l'elemento soggettivo in tal caso può essere integrato dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente, riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi (Cass. pen., Sez. IV, 10 dicembre 2009, n. 3568).

Sempre la giurisprudenza ha affermato come la sussistenza o meno di un effettivo bisogno di aiuto da parte della persona investita non sia elemento costitutivo del reato che è integrato dal semplice fatto che in caso di incidente stradale con danni alle persone il conducente non ottemperi all'obbligo di prestare assistenza; tale condotta va tenuta a prescindere dall'intervento di terzi, poiché si tratta di un dovere che grava su chi si trova coinvolto nell'incidente medesimo (Cass. pen., Sez. IV, 7 febbraio 2008, n. 8626).

Nella fattispecie, le obiettive modalità di verificazione del sinistro stradale e l'essere stato il pedone sbalzato a terra a seguito dell'impatto sono elementi univocamente indicativi del fatto che l'incidente era idoneo ad arrecare danno alla persona, tanto che il conducente, dopo essersi allontanato e aver proseguito la marcia, ritornava sul luogo del sinistro mentre i vigili operanti effettuavano i primi rilievi.

Sul punto appare interessante anche un'altra recente sentenza della Cassazione, ovvero la n. 18406/2018, secondo la quale integra il reato de quo la condotta di colui il quale, in occasione di un incidente ricollegabile al suo comportamento da cui sia derivato un danno a persone, effettui sul luogo del sinistro una sosta momentanea senza consentire la propria identificazione né tantomeno quella del veicolo.

(Altalex, 23 agosto 2018. Nota di Simone Marani)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE IV PENALE

Sentenza 6-15 giugno 2018, n. 27531

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUMU Giacomo - Presidente -

Dott. FERRANTI Donatella - rel. Consigliere -

Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere -

Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere -

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M.G., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 29/09/2017 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. DONATELLA FERRANTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dr. PERELLI SIMONE che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

E' presente l'avvocato VALENTINI DANIELE del foro di FORLI' in difesa di M.G. che insiste per l'accoglimento del ricorso.

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Bologna, con la sentenza in epigrafe confermava la decisione del Gup Tribunale di Forlì, pronunciata all'esito di giudizio abbreviato nei confronti di M.G., ritenuto responsabile dei reati previsti e puniti all'art. 189 C.d.S., Commi 6 e 7, per non avere ottemperato, dopo aver cagionato un sinistro stradale il (OMISSIS), nel quale B.G. riportava danni alla persona, all'obbligo di fermarsi e di prestarle assistenza.

Al M. non venivano riconosciute le circostanze attenuanti generiche e veniva condannato alla pena di Euro 10 mesi di reclusione con sospensione condizionale e con sospensione della patente di guida per anni 2 e mesi 6.

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, M.G..

2.1 Il ricorrente con il primo motivo deduce l'errata applicazione delle norme sulla valutazione della prova e in particolare contradditorietà e illogicità della motivazione. Il giudizio di colpevolezza, secondo quanto lamenta, sarebbe fondato su deduzioni non corroborate da riscontri obiettivi sia con riferimento al punto di urto tra l'autovettura condotta da M. (parte posteriore dell'autovettura ed anteriore della bicicletta) che si immetteva in (OMISSIS) provenendo dalla Casa circondariale, dove era stato di servizio, omettendo di dare la precedenza a B.G. che era alla guida del proprio velocipede; che con riferimento alla valutazione delle immagini del video di sorveglianza della casa circondariale che, a parere della difesa, corroborano la tesi che il M. non si avvide del sopraggiungere della B., verosimilmente avendo la visuale di destra ostruita dal montante del tettuccio anteriore destro e quindi non ebbe concretamente la percezione del sinistro.

La totale mancanza dell'elemento soggettivo secondo il ricorrente non è smentita dal fatto che il M. sia tornato poco tempo dopo dal fatto sul luogo del sinistro dove nel frattempo erano intervenuti l'autombulanza e la polizia municipale nè dalla circostanza che, solo dopo aver appreso dell'esistenza di immagini della video sorveglianza della casa circondariale,si sia reso disponibile per presentarsi spontaneamente per essere sentito.

2.2 Con il secondo motivo deduceva contraddittorietà e illogicità della motivazione per la mancata concessione delle attenuanti generiche. in relazione al comportamento collaborativo e leale tenuto in sede processuale.

Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

1. Il ricorrente, non senza evocare in larga misura censure di fatto, ha proposto questioni già devolute in appello e puntualmente esaminate e disattese dalla Corte territoriale, con motivazione del tutto coerente e adeguata, che in questa sede non viene in alcun modo sottoposta ad autonoma ed argomentata confutazione.

E' ormai pacifica acquisizione della giurisprudenza di questa Suprema Corte come debba essere ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che riproducono le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, infatti, va valutata e ritenuta non solo per la sua genericità, intesa come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, dal momento che quest'ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità che conduce, a (norma dell'art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c) alla inammissibilità della impugnazione (in tal senso sez. 2, n. 29108 del 15/7/2011, Cannavacciuolo non mass.; sez. 5, n. 28011 del 15/2/2013, Sammarco, Rv. 255568; sez. 4, n. 18826 del 9/2/2012, Pezzo, Rv. 253849; sez. 2,n. 19951 del 15/5/2008, Lo Piccolo, Rv. 240109; sez. 4, n. 34270 del 3/7/2007, Scicchitano, Rv. 236945; sez. 1, n. 39598 del 30/9/2004, Burzotta, Rv. 230634; sez. 4, n. 15497 del 22/2/2002, Palma, Rv. 221693).

E di recente, questa Corte di legittimità ha ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione fondato sugli stessi motivi proposti con l'appello e motivatamente respinti in secondo grado, sia per l'insindacabilità delle valutazioni di merito adeguatamente e logicamente motivate, sia per la genericità delle doglianze che, così prospettate, solo apparentemente denunciano un errore logico o giuridico determinato (sez. 3, n. 44882 del 18/7/2014, Cariolo e altri, Rv. 260608).

2. La sentenza appare logicamente e adeguatamente motivata tale da consentire il controllo del suo racconto anche attraverso l'esito dei successivi accertamenti svolti sul luogo del sinistro dalla Polizia Municipale che aveva prestato i primi soccorsi a B.G., caduta a terra dopo essere stata urtata, dall'auto condotta dal M., mentre percorreva a bordo della propria bicicletta,con diritto di precedenza, (OMISSIS), in prossimità dello stradello che conduce al carcere. I primi rilievi dei Vigili urbani intervenuti evidenziavano: sullo stelo sinistro della forcella della bicicletta segni riconducibili all'urto; la perfetta visibilità dell'asse stradale e la circostanza che poco dopo, sul luogo del sinistro, era sopraggiunto proprio il M., che quindi era tornato sul luogo, dopo essersi allontanato con la propria autovettura in direzione opposta e quindi a dimostrazione,come sostiene la Corte, che si era ben reso conto dell'incidente in cui l'auto da lui condotta era stata coinvolta. (fol 3) Solo il 12 agosto, evidenzia la Corte territoriale, infatti, M., appreso dell'esistenza del video del circuito di videosorveglianza del carcere da cui si vedeva che la Peugeot 106 da lui condotta si immetteva senza soluzione di continuità uscendo dall'ingresso del carcere su (OMISSIS) urtando il velocipede condotto dalla donna, avrebbe poi avvisato la polizia municipale e si sarebbe l'indomani presentato per i necessari chiarimenti.

La sentenza si colloca nel solco del dictum di questa Corte di legittimità secondo cui il reato di fuga di cui all'art. 189 C.d.S., comma 6, in caso di investimento di persona ha natura di reato omissivo di pericolo e si perfeziona istantaneamente nel momento in cui il conducente del veicolo investitore viola l'obbligo di fermarsi, ponendo in essere, con il semplice allontanamento, una condotta contraria al precetto di legge. Il dolo richiesto deve investire, innanzitutto ed essenzialmente, concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, e va apprezzato come eventualmente sussistente avendo riguardo alle circostanze fattuali del caso laddove queste, ben percepite dall'agente, siano univocamente indicative di un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone (così la richiamata Sez. 4, 21/11/2007 dep. Il 2008 Cortellazzi; Sez. 4, n. 11195 del 12/02/2015 Rv. 262709).

Corretto è anche il rilievo che, ai fini della configurabilità del reato de quo, il dolo richiesto per la punibilità può essere integrato anche dal solo dolo eventuale, non essendo necessario il dolo intenzionale (Sez. 4, 10/12/2009 dep il 2010 n.3568). L'elemento soggettivo in tali casi ben può essere integrato dal semplice dolo eventuale, cioè dalla consapevolezza del verificarsi di un incidente, riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi.

Ebbene, come rileva la Corte territoriale, le obiettive modalità di verificazione dell'incidente e l'essere stato la B. sbalzata a terra a seguito dell'impatto sono elementi univocamente indicativi del fatto che il sinistro era idoneo ad arrecare danno alla persona, tanto che dopo essersi allontanato e aver proseguito la marcia, ritornava aggirandosi sul luogo del sinistro,mentre i vigili operanti effettuavano i primi rilievi.

La giurisprudenza di questa Corte ha anche affermato come la sussistenza o meno di un effettivo bisogno di aiuto da parte della persona infortunata non è elemento costitutivo del reato che è integrato dal semplice fatto che in caso d'incidente stradale con danni alle persone non si ottemperi all'obbligo di prestare assistenza. Tale condotta va tenuta a prescindere dall'intervento di terzi, poichè si tratta di un dovere che grava su chi si trova coinvolto nell'incidente medesimo (cfr. ex multis sez. 4 n. 8626 del 7/2/2008, Rv. 238973).

3.La sentenza impugnata è pertanto esente da vizi di legittimità in relazione alla conferma dell'affermazione di responsabilità per il reato di all'art. 189 C.d.S., commi 6 e 7 e il ricorso in quanto manifestamente infondato deve essere dichiarato inammissibile. Consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.


Così deciso in Roma, il 6 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2018.

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