Mediazione demandata attivata con ritardo: la domanda è sempre improcedibile?
La parte che avanza la domanda di mediazione delegata oltre il termine ordinatorio assegnato dal giudice non incorrere - per ciò solo - sempre nella declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale. Difatti, ove il ritardo nella presentazione della domanda di mediazione non abbia avuto alcuna ripercussione negativa, né sulla durata complessiva della procedura, né sui tempi di definizione del processo, la condizione di procedibilità della domanda giudiziale deve ritenersi avverata. Nell’ipotesi contraria, invece, la condizione di procedibilità della domanda va considerata non verificata.
Le due pronunce in commento riguardano la questione relativa alle conseguenze connesse alla proposizione della domanda di mediazione delegata oltre il termine di 15 giorni assegnato dal giudice.
La parte che avanza la domanda di mediazione delegata oltre il termine ordinatorio assegnato dal giudice incorrere per ciò solo sempre nella declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale?
Va quindi equiparato, ai fini della improcedibilità della domanda giudiziale, il tardivo esperimento della mediazione al mancato esperimento della stessa?
Le pronunce in commento rispondono a tali interrogativi in senso negativo: la parte ben può quindi decidere di avanzare la domanda di mediazione delegata oltre il termine assegnato dal giudice senza che da ciò consegua sempre l’improcedibilità della domanda; tuttavia, il tardivo esperimento della mediazione comporta ad ogni modo alcune conseguenze (che tra breve si diranno).
Detta soluzione interpretativa poggia, innanzitutto, sul rilievo della natura ordinatoria (e non perentoria) del termine in questione.
Ciò, in estrema sintesi, in ragione:
- della funzione, per così dire, acceleratoria del termine in discussione (la ratio legis della previsione del termine di quindici giorni, spiega il Giudice, risponde all’esigenza di “garantire certezza dei tempi di definizione della procedura di mediazione, affinché la parentesi extraprocessuale, che si apre con l’emissione della ordinanza di rimessione delle parti in mediazione, possa chiudersi entro la data di rinvio del processo ed in tempo utile ad evitare che il tentativo di raggiungimento di un accordo amichevole tra le parti ridondi in danno della durata complessiva del processo, provocando uno slittamento ulteriore della udienza di rinvio e, dunque, un allungamento dei tempi di definizione del giudizio”);
- della mancanza di una espressa previsione legale di perentorietà del termine (la legge non prevede alcuna sanzione per la sua inosservanza).
Osserva al riguardo il Giudice che, in effetti, dal dato normativo di cui all’all’art. 5, comma 2, d.lgs. 28/2010 si ricava che la sanzione di improcedibilità della domanda giudiziale non consegue alla mancata proposizione della domanda di mediazione entro il termine di quindici giorni, bensì all’omesso esperimento del procedimento entro il termine di celebrazione della udienza di rinvio del processo (il quale viene, a sua volta, calibrato dal giudice in ragione del termine di durata della mediazione, pari a tre mesi decorrenti, al più tardi, dal termine assegnato per la presentazione della istanza).
Da ciò consegue che la parte istante può ben decidere di avanzare la domanda di mediazione delegata oltre il termine ordinatorio assegnato dal giudice, senza – per ciò solo – incorrere nella declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale.
Tale chiave di lettura, argomentano le pronunce in commento alla luce di quanto sin qui affermato, “ha il pregio di valorizzare il dato sostanziale dell’esperimento del procedimento di mediazione e si pone in linea con lo spirito della normativa sulla mediazione, che risponde alla logica di favorire, quanto più possibile, la scelta delle parti di ricorrere alla procedura di risoluzione alternativa della controversia, senza penalizzare con gravi sanzioni processuali un contegno di formale ritardo nella attivazione del procedimento, in tutti i casi in cui l’inerzia iniziale della parte non abbia pregiudicato il tempestivo e corretto svolgimento della procedura, né provocato alcun allungamento dei tempi di definizione del giudizio”.
Pertanto, affermano le pronunce in commento, non può essere condivisa la tesi che equipara, ai fini della improcedibilità della domanda giudiziale, il tardivo esperimento della mediazione al mancato esperimento della stessa.
Detta impostazione, difatti, ha i seguenti difetti:
a) desume la natura perentoria del termine assegnato dal giudice “sulla base di una controvertibile ricostruzione dello scopo e della funzione del termine medesimo”;
b) giunge, per tal via, ad una “interpretazione estensiva in malam partem della disposizione normativa che sanziona con l’improcedibilità della domanda giudiziale il solo caso di mancato esperimento della procedura di mediazione e non anche la diversa ipotesi di tardiva attivazione di un procedimento regolarmente conclusosi”;
c) attribuisce “maggiore rilevanza ad un elemento formale (vale a dire, il rispetto del termine di quindici giorni) rispetto al fattore sostanziale dello svolgimento del procedimento, contrariamente alla ratio legis di incentivazione del ricorso alla mediazione”.
Tutto ciò considerato – se è vero che la parte istante può ben decidere di avanzare la domanda di mediazione delegata oltre il termine ordinatorio assegnato dal giudice, senza per ciò solo incorrere nella declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale – il tardivo esperimento della mediazione comporta ad ogni modo alcune conseguenze.
In particolare, la parte che ritarda l’attivazione della procedura si accolla il rischio che il procedimento non riesca a concludersi nel termine massimo di tre mesi, che inizia comunque a decorrere, indipendentemente dalla iniziativa dell’interessato, dalla scadenza del termine assegnato dal giudice.
Pertanto:
- ove l’udienza di rinvio del processo sia stata fissata subito dopo la scadenza del termine di durata della mediazione, senza che il procedimento sia stato iniziato o comunque si sia concluso per una colpevole inerzia iniziale della parte, che ha ritardato la presentazione della istanza: detta parte si espone al rischio che la sua domanda giudiziale sia dichiarata improcedibile (a causa del mancato esperimento della mediazione entro il termine di durata della procedura o, in ogni caso, entro il più ampio termine di rinvio del processo all’udienza di verifica);
- ove il procedimento di mediazione si sia concluso entro il termine di legge (o, comunque, anche successivamente ma sempre prima della celebrazione della udienza di rinvio), benché iniziato dopo la scadenza del termine assegnato dal giudice: l’iniziale ritardo non potrà mai determinare la declaratoria di improcedibilità della domanda giudiziale.
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Dunque, ove il ritardo nella presentazione della domanda di mediazione non abbia avuto alcuna ripercussione negativa, né sulla durata complessiva della procedura (conclusasi entro il termine massimo di durata di tre mesi), né sui tempi di definizione del processo, la condizione di procedibilità della domanda giudiziale deve ritenersi avverata. Nell’ipotesi contraria, invece, la condizione di procedibilità della domanda va considerata non verificata.
Detti principi di diritto vanno ora applicati alle singole fattispecie pratiche oggetto delle due pronunce in questione.
Nella prima fattispecie (ordinanza del 15.5.2017):
- parte attrice ha presentato la domanda di mediazione oltre il termine di quindici giorni assegnato dal giudice (per la precisione tre giorni dopo la data di scadenza del termine);
- la procedura di mediazione si è comunque conclusa (con esito negativo) entro il termine massimo di durata di tre mesi, decorrenti dalla scadenza del termine assegnato dal giudice;
- all’udienza di rinvio le parti non hanno avanzato alcuna istanza di rinvio o di proroga di un procedimento che è stato comunque ritualmente esperito.
Pertanto, il ritardo nella presentazione della domanda di mediazione non ha avuto alcuna ripercussione negativa, né sulla durata complessiva della procedura, né tantomeno sui tempi di definizione del processo.
Da ciò consegue che la condizione di procedibilità della domanda giudiziale deve nella specie ritenersi avverata.
Nella seconda fattispecie, invece (sentenza del 27.9.2017):
- la parte attrice ha presentato la domanda di mediazione oltre il termine di quindici giorni assegnato dal giudice (circa quattro giorni dopo la data di scadenza del termine);
- all’udienza di rinvio, la procedura di mediazione non si era conclusa, dal momento il primo incontro doveva essere ancora celebrato (come infatti è successivamente avvenuto).
Pertanto, il ritardo nella presentazione della domanda di mediazione ha avuto una ripercussione negativa, sia sui tempi di definizione della procedura, la quale non si è potuta concludere entro i tre mesi dalla scadenza del termine assegnato dal giudice, sia sui tempi di definizione del processo, posto che all’udienza di rinvio è stata avanzata istanza di rinvio del processo per consentire l’esperimento della procedura di mediazione, che era stata tardivamente intrapresa).
Da ciò consegue che alla data dell’udienza di rinvio il procedimento di mediazione non era stato ancora esperito e, pertanto, deve concludersi che la condizione di procedibilità non si è verificata, con conseguente declaratoria di improcedibilità della domanda.
Per approfondimenti leggi anche:
- Mediazione demandata, voce di AltalexPedia.
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(Altalex, 7 novembre 2017. Nota di Giulio Spina)
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