Tributario

Cartelle esattoriali di Equitalia soggette alla prescrizione quinquennale

Cassazione civile, sez. VI, ordinanza 08/10/2015 n° 20213

tribunale_aula_200I giudici di Piazza Cavour – con la recente ordinanza n. 20213/15, depositata in data 08.10.2015 – hanno affrontato nuovamente la dibattuta questione circa la prescrizione da applicare ai crediti erariali (fiscali e contributivi/previdenziali), ossia se quella quinquennale[1] (art. 2948 c.c.) o decennale (art. 2946 c.c.).

Ebbene, con una motivazione estremamente concisa, la Corte di Cassazione – in questa circostanza processuale – ha “virato” verso un orientamento a favore del contribuente, stabilendo che opera la prescrizione quinquennale[2], laddove il titolo esecutivo sia unicamente costituito dalla cartella esattoriale dell’Ente di Riscossione (ad esempio Equitalia).

In particolare, la prescrizione ordinaria (decennale) “è tutta riferibile a titoli di accertamento-condanna (amministrativi o giudiziali) divenuti definitivi” (inclusi quindi, a titolo esemplificativo, gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate) e “non già invece le cartelle esattive” (ovvero quelle notificate a mente dell’art. 36bis - art. 36ter, D.P.R. n° 600/73[3]).

In effetti, proseguono i giudici su tale aspetto, i provvedimenti esattoriali di Equitalia (ma non solo) sono “adottati in virtù di procedure che consentono di prescindere dal previo accertamento dell’esistenza del titolo” (atto di accertamento emesso direttamente dall’Ente impositivo) e pertanto le cartelle di pagamento “non possono per questo considerarsi rette dall’irretrattabilità e definitività del titolo di accertamento”.

A ciò si aggiunga – ad ogni modo – un ulteriore elemento di valutazione: al fine di rendere pacifica l’applicabilità del termine di prescrizione ordinario (dieci anni), il creditore chiamato in causa (sia l’Ente della Riscossione, sia l’Ente impositivo, come vedremo in seguito) dovrà produrre in giudizio il “titolo definitivo” della pretesa, ossia “il provvedimento amministrativo di accertamento o la sentenza passata in giudicato”, emessi “antecedentemente all’emissione delle cartelle”; in difetto opererà la prescrizione quinquennale.

In considerazione di questo aspetto prettamente processuale (ossia il deposito in corso di causa dell’originario titolo esecutivo emesso dal creditore), potrebbe rilevarsi una valida strategia difensiva quella di “coinvolgere” (nel contenzioso) esclusivamente l’Ente di Riscossione, escludendo il “reale” creditore della pretesa erariale.

La base normativa di detta scelta è rinvenibile nell’art. 39, D. Lgs. n° 112/99 (rubricato difatti come “chiamata in causa dell’ente creditore”), il quale stabilisce che “il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”.

A ben vedere, di sovente l’Ente della Riscossione sostiene – erroneamente - che non può/non deve replicare alle eccezioni formulate in tema di estinzione del credito (prescrizione), in quanto rappresentano contestazioni da ricondurre direttamente al titolare della pretesa (Agenzia delle Entrate, Inps, Inail, ect), dunque adotta una condotta processuale disinteressata ed inerte; detto scenario convergerà a tutto vantaggio del contribuente.

In buona sostanza, l’onere della prova (il deposito del titolo esecutivo originario, al fine di usufruire della prescrizione decennale) dovrà essere assolto dall’Ente di Riscossione (laddove sia l’unica controparte processuale), pertanto in caso di assenza di tale produzione documentale – secondo l’orientamento della S.C. espresso nel provvedimento in commento – la prescrizione che opererà sarà quella quinquennale.

Per approfondimenti:

(Altalex, 24 febbraio 2016. Nota di Federico Marrucci)

____________

[1] Sotto il profilo difensivo, indipendentemente dalle decisioni della giurisprudenza di merito e di legittimità, è da osservare che la legge, relativamente alle sanzioni di natura tributaria, D. Lgs. n° 472/97, art. 20, comma 3, prevede una prescrizione quinquennale. La norma di riferimento stabilisce che “il diritto alla riscossione della sanzione irrogata si prescrive nel termine di cinque anni”. A tal fine, potrebbe rappresentare uno spunto riflessivo pratico (oltre che giuridicamente ragionevole), sostenere l’identica “esistenza temporale” delle imposte e delle sanzioni.

[2] In materia di prescrizione quinquennale dei crediti tributari, è da richiamare la pronuncia (peraltro isolata) della C.T.P. di Reggio Calabria con sentenza n° 2634 del 28.05.2014, la quale affermò che i crediti tributari sono soggetti al regime della prescrizione “breve”, in quanto rientranti nella disciplina dell’art. 2948, n° 4, c.c. (“si prescrivono in cinque anni […] gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”).

[3] Come noto, le cartelle esattoriali – in tema di tributi – sono emesse ai sensi dell’art. 36bis, D.P.R. n° 600/73 in caso di “liquidazioni delle imposte […] dovute in base alle dichiarazioni” e dell’art. 36ter, cit., per il “controllo formale delle dichiarazioni”. In conclusione, potrebbero beneficiare della prescrizione decennale unicamente i provvedimenti “accertativi” della Pubblica Amministrazione (ad esempio avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate) e le sentenze passate in giudicato. Dal novero di detta categoria devono essere dunque escluse le cartelle esattoriali delle società di Riscossione (Equitalia, ad esempio), ma anche altri provvedimenti, come l’avviso di liquidazione di imposte (in tema di imposta di registro, D.P.R. n° 131/86) e, probabilmente, anche i c.d. avvisi di addebito dell’Inps (disciplinati dall’art. 28 e art. 30, D.L. n° 78/10).

Suprema Corte di Cassazione

Sezione VI Civile - 5

Ordinanza 22 luglio - 8 ottobre 2015, n. 20213

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE 

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello - Presidente -

Dott. CARACCIOLO Giuseppe - rel. Consigliere -

Dott. COSENTINO Antonello - Consigliere -

Dott. CRUCITTI Roberta - Consigliere -

Dott. CONTI Roberto Giovanni - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 9962/2013 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA, società soggetta all'attività di direzione e coordinamento di Equitalia Spa, in persona dell'Amministratore Delegato e per esso il Responsabile Contenzioso Esattoriale Calabria, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CAVALIER D'ARPINO 8, presso lo studio dell'avvocato FRONTICELLI BALDELLI ENRICO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

M.A.;

- intimato -

avverso la sentenza n. 67/03/2012 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di CATANZARO del 2/02/2012, depositata l'01/03/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23/07/2015 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CARACCIOLO.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione
La Corte, ritenuto che, ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

Il relatore cons. Giuseppe Caracciolo, letti gli atti depositati;

osserva:

La CTR di Catanzaro ha respinto l'appello proposto da "Equitalia Sud spa" contro la sentenza n.37/13/2010 della CTP di Cosenza che aveva accolto il ricorso proposto da M.A. avverso avvisi di mora notificati a seguito dell'omesso pagamento di cartelle relative a TARSU/TIA per gli anni dal 1998 al 2004.

La Commissione di primo grado aveva accolto il ricorso del contribuente sul presupposto che fosse intervenuta la prescrizione quinquennale (ex art. 2948 c.c.) del potere esattivo dell'imposta (alla luce del fatto che i ruoli apparivano tardivamente consegnati all'esattore, per quanto fossero state poi effettivamente notificate le cartelle di pagamento) e la CTR adita in appello ha motivato la propria decisione nel senso che "contrariamente a quanto dedotto dall'appellante....si applica alla fattispecie in esame la norma di cui all'art.2948 e non quella di cui all'art. 2946 c.c.", con conseguente tempestività della cartelle notificate tra il 2002 ed il 2006, a fronte di crediti maturati tra il 1998 ed il 2006.

La parte concessionaria ha interposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo.

La parte contribuente non si è difesa.

Il ricorso - ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c., assegnato allo scrivente relatore - può essere definito ai sensi dell'art. 375 c.p.c..

Con il motivo di impugnazione (improntato alla violazione dell'art. 2946 c.c., in combinato disposto con il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26) la parte ricorrente si duole dell'erronea applicazione da parte del giudice del merito delle norme dianzi menzionata, alla luce del fatto che - a riguardo della cartella di pagamento, che è titolo esecutivo - la norma applicabile è quella dell'art. 2946 c.c., concernente la prescrizione ordinaria. Secondo la ricorrente, d'altronde, "a tutto voler concedere", le cartelle esattoriali risultavano tempestivamente notificate, "entro il termine di prescrizione breve".

Il motivo appare infondato e da disattendersi.

Premesso che la parte ricorrente ha dato generico conto della sequenza temporale delle intervenute notificazioni delle cartelle di pagamento (sicchè, quand'anche volesse considerarsi ciò che si assume in ricorso a proposito di rispetto del termine breve di prescrizione, o meglio: del termine decadenziale previsto per la notifica degli atti esattivi,il motivo sarebbe comunque difettoso in punto di autosufficienza), resta comunque che la giurisprudenza che la parte ricorrente ha valorizzato in ricorso a proposito della applicabilità del termine di prescrizione ordinaria è tutta riferibile a titoli di accertamento-condanna (amministrativi o giudiziali) divenuti definitivi, non già invece a cartelle esattive che - se adottate in virtù di procedure che consentono di prescindere dal previo accertamento dell'esistenza del titolo - non possono per questo considerarsi rette dall'irretrattabilità e definitività del titolo di accertamento e ripetono la loro legittimità (sotto il profilo della tempestività della procedura di notifica alla parte destinataria) dalla legge che le regola.

Non vi è perciò dubbio sul fatto che - per poter postulare l'applicabilità alla specie di causa del termine di prescrizione decennale - la parte ricorrente avrebbe dovuto indicare l'esistenza di un titolo definitivo a pretendere, antecedente all'emissione delle cartelle, di cui non è stata fatta menzione alcuna.

Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza.

Roma, 30 luglio 2014.

ritenuto inoltre:

che la relazione è stata notificata agli avvocati delle parti;

che non sono state depositate conclusioni scritte, nè memorie;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e, pertanto, il ricorso va rigettato;

che le spese di lite non necessitano di regolazione, atteso che la parte vittoriosa non si è costituita.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. 11.115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte da atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.


Così deciso in Roma, il 22 luglio 2015.

Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2015.

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