Avvocato, responsabilità, nesso di causalità, certezza morale

Cassazione civile, sez. III, sentenza 16/10/2008 n° 25266

Avvocato – responsabilità – nesso di causalità – certezza morale [art. 1223 c.c.]

L’affermazione della responsabilità risarcitoria dell’avvocato implica la certezza che gli effetti di una diversa attività del professionista sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente. (1)

(1) Sul tema della responsabilità dell’avvocato si veda il focus di Plenteda, La responsabilità professionale dell’avvocato nella recente giurisprudenza.

(Fonte: Altalex Massimario 43/2008. Cfr. nota di Raffaele Plenteda)

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

Sentenza 16 ottobre 2008 n. 25266

...omissis...

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Nel citare in giudizio la SARA s.p.a., il D. L. espose che nel 1969, mentre era alla guida della sua vettura, era uscito di strada e, nell’incidente, aveva subito lesioni tal G., da lui trasportato. Denunziato l’occorso alla SARA (sua compagnia assicuratrice), s’erano radicate innanzi al Tribunale di Larino due cause, promosse nei suoi confronti dall’infortunato e dall’INAM (che agiva in rivalsa per le cure mediche prestate in favore della vittima). Consegnate le citazioni notificategli alla SARA, questa assunse la gestione delle liti. Nel 1984 gli fu notificata la sentenza con la quale il menzionato Tribunale lo aveva condannato al pagamento di diverse somme in favore del G., dell’INPS (subentrato all’INAM) e dell’INAIL (intervenuto nel giudizio). Ciò premesso, il D. L. chiese, dunque, che la SARA fosse condannata al risarcimento dei danni da lui subiti in conseguenza della mala gestio della controversia.

Il Tribunale di Larino respinse la domanda con sentenza poi confermata dalla Corte d’Appello di Campobasso. Questa, premesso che non era in contestazione il diritto alla prestazione assicurativa, bensì “il diritto al risarcimento dei danni conseguenti ad una prestazione assicurativa (difesa legale) inadeguata complessivamente e sotto qualche aspetto assolutamente carente”, spiega che i profili di mala gestio lamentati dal D. L. pure in ipotesi ravvisabili, non avevano avuto ripercussioni negative sull’esito della controversia summenzionata, in quanto in quel processo era rimasta provata la sua responsabilità nella produzione dell’evento.

Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Campobasso propone ricorso per cassazione D. L. a mezzo tre motivi. Non si difende SARA nel giudizio di legittimità. Il D. L. ha depositato memoria per l’udienza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Inammissibile è il primo motivo, con il quale il ricorrente lamenta in modo assolutamente generico i vizi della motivazione della sentenza impugnata, senza alcuna specificazione dell’identità e della portata degli elementi emersi attraverso i quali il giudice sarebbe dovuto pervenire a diverse conclusioni.

Infondato sono il secondo motivo (violazione legge n. 990 del 1969 artt. 1174, 1176, 1917, 1375 c.c. – vizi della motivazione) ed il terzo motivo (violazione dell’art. 112 c.p.c.) laddove il ricorrente lamenta: che “senza null’altro aggiungere” il giudice avrebbe per un verso ravvisato evidenti profili di grave inadempimento da parte della SARA e, per altro verso, escluso la responsabilità risarcitoria della compagnia stessa in quanto tali inadempimenti non avrebbero avuto ripercussioni negative sull’esito del giudizio; che il giudice non si sarebbe pronunciato sulle questioni sottopostegli (riguardanti la condotta della SARA eche si assumeva essere stata inadempiente), ma avrebbe affrontato inutilmente la problematica della responsabilità del D. L. nella produzione dell’infortunio stradale.

Diversamente da quanto sostiene il ricorrente, la sentenza impugnata, interpretata la domanda come risarcimento del danno da carente e inadeguata assistenza legale e, pur ammesso che tali profili potevano in ipotesi ritenersi sussistenti, correttamente procede, attraverso una logica e congrua motivazione, all’esame prognostico circa gli esiti che il processo presupposto avrebbe potuto conseguire se quegli inadempimenti non si fossero verificati. Giungendo a concludere che l’esito non avrebbe potuto essere diverso per il D. L., nei suoi rapporti sia con l’infortunato, sia con l’INPS, sia con l’INAIL.

La sentenza impugnata s’è, dunque, adeguata al principio in virtù del quale, in materia di responsabilità del professionista, il cliente è tenuto a provare non solo di aver sofferto un danno, ma anche che questa è stato causato dalla insufficiente o inadeguata attività del professionista e cioè dalla difettosa prestazione professionale. In particolare, trattandosi dell’attività del difensore, l’affermazione della sua responsabilità implica l’indagine – positivamente svolta – sul sicuro e chiaro fondamento dell’azione che avrebbe dovuto essere proposta e diligentemente coltivata e, quindi, la certezza che gli effetti di una diversa attività del professionista medesimo sarebbero stati più vantaggiosi per il cliente, rimanendo, in ogni caso, a carico del professionista l’onere di dimostrare l’impossibilità a lui non imputabile della perfetta esecuzione della prestazione (tra le varie, cfr. Cass. 28 aprile 1994, n. 4044).

In conclusione, il ricorso deve essere respinto. La Corte è esonerata dal provvedere sulle spese del giudizio, in considerazione della mancata difesa della parte intimata.

Per questi motivi

La Corte rigetta il ricorso.

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